giovedì 24 ottobre 2013

Sant’Antonio Maria Claret

fondatore e vescovo (1807-1870) 24 ottobre
Apostolo moderno, dotato del dono della profezia e delle guarigioni, utilizzava per laSan Antonio Maria Claret diffusione del Vangelo ogni mezzo possibile. Per la sua lotta contro la schiavitù subì anche diversi attentati e una volta fu gravemente ferito da un bandito la cui amante era stata convertita dagli sforzi dell’arcivescovo.
Nato a Sallent in Catalogna. (Spagna) nell’anno 1807, Antonio Giovanni Claret seguì le orme del padre nel mestiere di tessitore fino all’età di ventidue anni, quando decise di entrare nel seminario di Vie. Ordinato prete diocesano nel 1835, si sentì presto attratto dall’idea di abbracciare un ordine religioso:pur avendo già deciso di diventare certosinola sua salute non gli permise di adottare un così rigido regime di vita; si recò perciò a Roma per offrire i propri servigi come missionario all’istituto De Propaganda Fide. Entrò quindi nei gesuiti, ma quando la sua salute peggiorò, i superiori gli consigliarono di fare ritorno in Spagna e di operare per l’evangelizzazione della sua patria; in vista di ciò, gli fu conferito il titolo di missionario apostolico.

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Per dieci anni fu impegnato nel tenere ritiri e missioni in Catalogna, e operò per circa quindici mesi anche nelle isole Canarie. Si prodigò per diffondere la devozione al cuore di Maria, organizzando a questo scopo alcuni gruppi parrocchiali di donne, che dovevano anche collaborare alla più generale opera evangelizzatrice. San Antonio Maria Claret1Lavorò inoltre con S. Gioacchina de Màs (22 mag.) nella costituzione delle carmelitane della Carità, consacrate alla cura dei malati e all’insegnamento. Convinse anche altri sacerdoti a interessarsi dell’opera di evangelizzazione e nel 1849 fondò la congregazione dei missionari figli del Cuore immacolato di Maria, più spesso chiamati “claretiani”. Scriveva:
«L’uomo che è figlio del cuore immacolato di Maria è infiammato di passione per la carità e sprigiona tale fiamma dovunque egli vada [ . . . ] sfruttando tutte le proprie risorse e sopportando ogni sforzo per infiammare tutti gli uomini con il fuoco del Divino Amore».
Antonio attribuì sempre una grande importanza alla stampa come mezzo di apostolato e perciò pubblicò oltre duecento libri e opuscoli, inclusi catechismi, opere di preghiera e un’importante raccolta di consigli spirituali per sacerdoti e laici. Particolarmente preoccupato che ragazzi e ragazze ricevessero un’adeguata istruzione e che si sviluppasse una vera spiritualità laica, nel 1847 fu il principale ispiratore della fondazione della celebre Libreria Religiosa, un’esperienza editoriale che riscosse un notevole successo: tra il 1848 e il 1866, per esempio, diffuse oltre cinque milioni di libri e opuscoli, senza contare almeno quattro milioni di fogli volanti.
Antonio non si accontentava di suggerire titoli e idee; aveva infatti appreso l’arte della stampa prima di entrare in seminario e, nutrendo un forte interesse per l’aspetto tecnico della questione, correggeva le bozze, progettava le impaginazioni e dava consigli per le copertine. Fu un apostolo moderno, che utilizzava per la diffusione del Vangelo ogni mezzo messo a disposizione dalla sua epoca. Nel 1850, contro la sua volontà, fu nominato arcivescovo di Santiago di Cuba e fu proprio durante la sua consacrazione che assunse il nome di Maria, perché, egli scrisse,
«ella è mia madre, la mia protettrice, la mia insegnante, il mio tutto dopo Gesù».
Il compito di riformare la diocesi era estremamente difficile perché da circa quattordici anni essa era priva di vescovo e vedeva al suo interno una forte opposizione,sostenuta da gruppi locali molto potenti, alcuni dei quali apertamente anticristiani. Per la sua San Antonio Maria Claret2lotta contro la schiavitù subì anche diversi attentati e una volta fu gravemente ferito da un bandito la cui amante era stata convertita dagli sforzi dell’arcivescovo (in quell’occasione, Antonio intercedette a favore del mancato assassino facendo in modo che la sua condanna a morte fosse revocata).
Nell’arco di sei anni fece tre volte visita a ogni parte della diocesi, costituì cinquantatré nuove parrocchie, restaurò il seminario e creò borse di studio da destinare ai seminaristi indigenti; fondò inoltre la Confraternita della dottrina cristiana, spingendo uomini e donne, oltre che i sacerdoti, ad aggregarvisi. Si lasciò sempre molto coinvolgere in ogni aspetto dell’opera pastorale e nel 1852, ad esempio, in un periodo di terremoti e di epidemie, faceva visita agli ospedali e amministrava i sacramenti ai malati e ai morenti.
Se nel descrivere «il figlio ideale del cuore immacolato di Maria» egli diceva: «Niente lo scoraggia: le privazioni gli recano solo gioia; non si tira mai indietro di fronte a lavori pesanti; abbraccia gli stenti [ . . . ] si rallegra in mezzo alla sofferenza», questo ritratto può anche ben descrivere la sua opera di vescovo a Cuba.
Eppure non era soddisfatto e desiderava dimettersi da arcivescovotanto che scrisse anche al papa per avere il permesso di abbandonare l’incarico. Questo è un aspetto fondamentale del suo carattere: quale uomo di azione, guidato dalla necessità di diffondere il Vangelo, era pieno di iniziativa e pronto ad affrontare qualsiasi difficoltà nella quale si fosse imbattuto, ma non era uno adatto al lento lavoro di consolidamento di quello che aveva iniziato: come ha detto il suo ultimo biografo, è il caso del profeta che prevale sull’amministratore (Lozano).
A Cuba egli aveva dato inizio all’opera di rievangelizzazione dell’isola; altri avrebbero potuto portarla avanti. Anche se tutte le attività che svolgeva erano San Antonio Maria Claret3finalizzate a dare sempre più gloria a Dio, è indubbio che da un punto di vista umano il dispiego di tante energie gli fosse di grande soddisfazione; forse fu proprio per curarlo da questo difetto che Dio permise che il periodo successivo della sua vita fosse di particolare frustrazione.
Lasciò Cuba nel 1857, quando giunse l’ordine di dimettersi e di fare ritorno in Spagna per diventare confessore della regina Isabella II; dovette trascorrere la maggior parte del tempo a corte e le uniche interruzioni avvennero quando accompagnava la famiglia reale nei suoi viaggi per la Spagna; questa cosa gli permise di predicare in tutto il paese: in Andalusia, per esempio, in cui si recarono nel 1862, tenne duecentocinque omelie nell’arco di quaranta giorni. Fondò inoltre la Congregazione delle Madri Cattoliche e istituì biblioteche popolari parrocchiali per andare incontro alle necessità di una popolazione che stava diventando sempre più istruita. Tuttavia questo fu un periodo di grande prova per lui, e non solo a causa della condotta della reginaalcune volte scandalosa, che lo indusse spesso ad abbandonare l’incarico di suo confessore; come abbiamo visto, egli era quasi per natura un missionario e l’essere costretto a rimanere fermo in un solo luogo costituiva per lui un profondo travaglio; scriveva, infatti:
«Vivere a corte ed essere costantemente a palazzo è un continuo martirio per me [...] Ogni giorno durante la preghiera devo fare atti di abbandono alla volontà di Dio. Giorno e notte e sempre, devo offrire il sacrificio di rimanere a Madrid».
Non erano solamente i cerimoniali di corte e le udienze quotidiane che lo irritavano; egli desiderava soprattutto partire, «correre» come egli era solito dire, per annunciare la parola di DioTuttavia non avrebbe potuto diventare la persona che fu, se non si fosse avvalso della nuova posizione, e l’indubbia influenza che gli procurava, per lanciare nuovi progetti.
Uomo di grandi interessi culturali, durante il periodo in cui fu rettore del monastero reale dell’Escorial organizzò un laboratorio di scienze, un museo di storia naturale e scuole di musica e di lingueFondò inoltre l’Accademia di S. Michele, una dotta associazione culturale di scrittori e artisti che avrebbero dovuto esercitare un apostolato attivo scrivendo libri, istituendo biblioteche, e formando un’elite cristiana nella società; l’Accademia si diffuse in tutto il paese. In questi anni si impegnò anche a San Antonio Maria Claret4riorganizzare la propria congregazione, indirizzandola verso un apostolato più moderno, attraverso una seconda serie di costituzioni che poneva l’accento sull’opera catechetica, sulla direzione spirituale e sulla formazione dei seminaristi. Nel frattempo le sorelle claretiane, fondate in collaborazione con Antonia Paris a Cuba per l’educazione religiosa delle ragazze, svolsero un ottimo lavoro con i vescovi locali e le autorità romane.
Contemporaneamente la vita spirituale di Antonio maturò a tal punto che fece esperienze estatiche, ebbe il dono della profezia e fu responsabile di un gran numero di guarigioni miracolose. La relativa inoperosità della vita di corte gli permise di condurre una vita quasi monastica: si concedeva al massimo sei ore di sonno e dedicava le prime due ore della giornata alla preghiera e alla lettura della Bibbia; a ciò seguiva un’ora di preghiera comunitaria e la Messa, poi dopo colazione confessava fino alle undici o mezzogiorno; da mezzogiorno fino all’una e mezzo teneva udienza. Il pomeriggio era riservato alle visite agli ospedali e alle prigioni, alla predicazione nelle scuole locali e nei conventi oppure era trascorso ascrivere. Ogni giorno comprendeva un momento di preghiera davanti al SS. Sacramento esposto, la recita del Rosario e naturalmente l’Ufficio divino.Digiunava tre giorni la settimanadue volte si flagellavaindossava il cilicio il martedì, giovedì e sabato. Ma tutto ciò per lui non era altro che un gradino verso il suo vero scopo di vita, l’«essere sempre alla presenza di Dio».
San Antonio Maria Claret5La sua posizione a corte lo portò inevitabilmente a occuparsi di politica: si era già scontrato con l’opposizione anticlericale compiendo il restauro dell’Escorial e, allo scoppio della rivoluzione liberale del 1868, seguì la regina in esilio. Si recò poi a Roma per partecipare al concilio Vaticano I nel 1870 e qui fu attivo sostenitore dell’infallibilità del papa. Durante il soggiorno nella capitale fu colpito da ictus e, nonostante la buona ripresa, la sua salute fu ormai compromessa.
La Rivoluzione spagnola aveva costretto i claretiani a chiudere le loro case e trasferirsi in Francia; in un primo momento Antonio si stabilì da loro ma, dato che anche i suoi avversari politici tentarono di farlo arrestaresi rifugiò infine nel monastero cistercense di Fontfroide, vicino a Narbona, nel sud della Francia. Qui venne accusato di raccogliere armi da utilizzare contro il governo spagnolo, ma, prima che qualsiasi provvedimento potesse essere preso nei suoi confronti, morì il 24 ottobre 1870. Fu beatificato nel 1934 e canonizzato nel 1950; la sua tomba si trova a Vie, vicino a Barcellona.
Fino alla riforma del calendario del 1969, la sua festa veniva celebrata il 23 ottobre. Di lui ci rimangono numerose fotografie, che mostrano la sua piccola e tozza figura. Al momento della canonizzazione papa Pio XII lo descrisse per contrasti: era di modeste apparenze ma capace di incutere grande rispetto ai potenti della terra, di umili origini ma in grado di acquistare una posizione di onore nel mondo per quasi tutta la durata della vita, e, infine, era sempre alla presenza di Dio malgrado la sua San Antonio Maria Claret6vita di grande attività esterna. Antonio stesso racconta di come l’amore di Cristo «ci sproni a correre, e persino a volare, spinti dalle ali di un santo zelo»; dobbiamo quindi fare ogni cosa che è in nostro potere «affinché Dio possa essere maggiormente conosciuto, amato e servito in questa vita». Questa fu la ragione per cui nel corso di tutta la sua esistenza si occupò di evangelizzazione, sia in patria che all’estero. Il riepilogo della sua vita da lui stesso formulato a Roma nel 1870, fu:
«Ho compiuto la mia missione, ho predicato il Vangelo e ho conservato santa povertà».
I claretiani continuarono la missione di Antonio attraverso pubblicazioni su vasta scala: le loro edizioni della Bibbia per la comunità cristiana, pubblicate a Quezon City nelle Filippine in spagnolo, inglese, tagalog e cinese hanno venduto milioni di copie in tutto il mondo.
É PATRONO: – di editori, librai, propagandisti cattolici, fabbricanti e commercianti di tessuti – dei centri di Azione cattolica e delle casse di risparmio
FonteIl primo grande dizionario dei santi di Alban Butler

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