martedì 17 settembre 2013

San Roberto Bellarmino

Vescovo e dottore della Chiesa (1542-1621) 17 settembre
Roberto Bellarmino, viene descritto da un contemporaneo, il cardinale Valfiero, come il S. ROBERTO BELLARMINO«più grande piccolo uomo sulla terra», fu uno degli studiosi migliori e delle personalità più avvincenti del periodo della Controriforma. Chiamato in causa al processo di Galileo era in grado di distinguere gli individui in base alle loro opinioni.
Roberto Francesco Romolo Bellarmino, nato a Montepulciano in Toscana il 4 ottobre 1542, era uno dei cinque figli di Vincenzo Bellarmino, il presidente dei magistrati della città, e di Cinzia Cervini, sorella di Marcello Servini, che per un anno fu papa con il nome di Marcello II (1555). I genitori gli garantirono un’istruzione completa, con il risultato che all’età di diciotto anni, Roberto aveva padronanza, oltre alle consuete materie e prove pratiche, del violino, dell’arte oratoria, e della composizione di versi in latino. Vincenzo sperava che il figlio sarebbe diventato medico, ma fu deluso quando apprese che il giovane, dopo aver trascorso tre anni nella scuola aperta dai gesuiti a Montepulciano, decise di entrare a far parte della Compagnia di Gesù, istituita di recente. Il padre cercò di persuaderlo a rinunciare all’idea, ma il 16 settembre 1560, Roberto partì per Roma con uno dei suoi cugini, e dopo cinque giorni, nonostante la delicata costituzione fisica, fu accolto dal superiore generale, Diego Laìnez, e cominciò il noviziato. Dal 1563 al 1567, insegnò materie classiche, prima a Firenze, poi a Mondovì, e iniziò a studiare teologia a Padova nel 1568, terminando il corso di studi a Lovanio, dove fu ordinato sacerdote il 25 marzo 1570.

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La sua prima nomina accademica importante fu presso l’università di Lovanio, dove trascorse sette anni cruciali, dal 1569 al 1576, ed anche in questa prima fase divenne famoso per il rigore del suo metodo e la sua maturità. Quando non era impegnato a tenere conferenze sulla Summa Theologica di S. Tommaso d’Aquino (28 gen.) oppure non stava svolgendo i suoi doveri come prefetto di studi e guida spirituale, si dedicava il più possibile alla lettura e allo studio dell’insegnamento dei riformatori, gettando in questo modo le basi di ciò che diventò poi la sua specializzazione: la “teologia della controversia“, che s’incentrava sulle dispute teologiche che a quel tempo dividevano la Chiesa.
S. ROBERTO BELLARMINO1Trovava tuttavia il tempo di svolgere altre attività: controbatté le opinioni di Michele Baio sulla grazia e il libero arbitrio, imparò l’ebraico per confutare L’Historia Ecclesiae Christi, una storia della Chiesa dagli inizi al 1400 ostile a Roma, conosciuta anche come i Secoli di Magdeburgo, e come risultato scrisse una grammatica ebraica; inoltres’ispirò a Francesco Strada, acclamato predicatore di omelie domenicali in latino (faceva traboccare la chiesa che conteneva duemila posti, come aveva fatto Strada). Era e restò fermamente convinto dell’importanza reciproca della predicazione e dello studio della teologia, poiché pensava che la prima fosse un mezzo potente di promuovere l’insegnamento e la spiritualità cristiana, ma solo con il sostegno della seconda.
Nel 1576, Roberto ritornò a Roma per occupare la cattedra di “teologia della controversia” presso il Collegium Komanum, Gregorianum, istituita da S. Ignazio di Loyola (31 lug.) al momento della fondazione del collegio nel 1551. Le conferenze che Roberto tenne avrebbero in seguito formato la base delle sue famose Disputationes de Controversiis Christianae Fidei adversu hujus temporis Haereticis (Disputazioni e controversie della fede cristiana contro gli eretici del tempo). Nel 1584, interruppe per un breve periodo l’insegnamento, per preparare quest’opera alla pubblicazione. A dispetto della sua apprensione per il progetto, furono pubblicati tre volumi in sette anni, tra il 1586 al 1593, un lavoro di tale portata ed erudizione che si pensò fosse stata compilata da un gruppo di studiosi, e che diventò una lettura essenziale, alla fine ristampata in oltre trenta edizioni, persino in Inghilterra dove il popolo tentava in qualche modo di procurarsela, anche se era stata bandita dal governo.
Nonostante avesse smesso di insegnare, Roberto continuò a essere una guida spirituale per gli studenti del Gregorianum, e anche del Collegio  Inglese, dove incoraggiò uomini che successivamente morirono per la fede, tra cui uno dei più conosciuti è S. Luigi Gonzaga (21 giù.), che con l’appoggio generoso e illuminato di Roberto crebbe spiritualmente. Si formò un legame stretto tra i due, che durò fino alla San_Roberto_Bellarminomorte di Luigi, avvenuta all’età di soli ventitré anni, il 21 giugno 1591. Roberto non riuscì a raggiungere Luigi prima che morisse, ma arrivò  in tempo per aiutare gli altri a deporre il corpo nella bara. Nel 1592, tornò al Gregorianum, questa volta come rettore, e allo stesso momento s’impegnò nella revisione della Ratio sludiorum della Compagnia. In questi anni, Roberto collaborò anche alla stesura di una nuova edizione della Vulgata, la revisione di S. Girolamo (30 set.) di certe versioni latine antiche dell’Antico e Nuovo Testamento, fece parte della commissione che era stata formata per rivedere il calendario, e inoltre contribuì alla composizione del catechismo della dottrina cristiana, usato per più di trecento anni. Verso la fine di questo periodo, ricevette da papa Sisto V (1585-1590) un certo numero di incarichi delicati, in particolare quello di esperto teologo e legale della commissione che avrebbe dovuto risolvere il conflitto tra la Lega Cattolica e l’ugonotto Enrico di Navarra, che riguardava l’ascesa di quest’ultimo al trono di Francia.
Il 24 novembre 1594 fu nominato provinciale della Compagnia di Gesù, della provincia
di Napoli. La prima omelia che pronunciò, riguardava un brano tratto dal libro Ecclesiasticus: «Ti hanno scelto come capo? Sii tale tra loro» (e che era una descrizione accurata del suo stile di governo). Per più di due anni si dedicò totalmente ai membri della Compagnia che gli erano stati affidati, ed era solito visitare ogni casa due volte in quel periodo. Nel febbraio del 1597,ad ogni modo, alla morte del teologo del papa, il cardinale Francesco Toledo, anch’egli gesuita. Clemente III(1592-1605) chiamò Roberto a Roma per nominarlo al suo posto. Quasi subito gli fu chiesto di esaminare la posizione degli oppositori nella pericolosa disputa tra il gesuita Luigi de Molina e il
S. ROBERTO BELLARMINO2domenicano Domenico Bàfiez sulle modalità operanti della grazia. Roberto propose un compromesso a entrambi, ma nonostante spingesse il papa a porre fine a questa controversia, che stava rovinando i rapporti tra i due ordini, la discussione proseguì per diversi anni. Nel frattempo, nel 1599, il papa, con la costernazione di Roberto, lo nominò cardinale; esteriormente adottò alcuni corredi propri del suo titolo (indossò vesti rosse, per esempio, accettò di avere dei servitori e viaggiava su una carrozza), ma nella sua vita privata continuò a comportarsi come un gesuita, vocazione che ebbe sempre nel suo cuore. Visse molto semplicementedonando ai poveri tutto il denaro che non gli serviva, e rifiutò di accettare la rendita offertagli da un ambasciatore spagnolo da parte di Filippo III (1598-1621).
Tre anni dopo, fu nominato arcivescovo di Capua, ufficio che per certi aspetti fu una sorpresa, poiché anche se il papa sembrava affidarsi al suo consiglio su molte questioni, dall’altro lato non tutti apprezzavano la sua integrità, e persino il papa aveva delle riserve sulla libertà che gli aveva concesso di esprimere chiaramente il proprio parere. Alla fine di aprile del 1602, era già stato consacrato vescovo e aveva preso possesso della sede. Per molti aspetti, fu un periodo difficile per lui, oltre al fatto che il clima umido aveva peggiorato le sue condizioni di salute, che non furono mai molto buone, tuttavia affrontò questo nuovo incarico con il solito impegno, rivelandosi un pastore efficace e molto amaro. Considerava la catechesi per gli adulti particolarmente importante e volle predicare lui stesso nella cattedrale, ogni domenica e festività, ma era altrettanto interessato a riformare e istruire il clero, svolgendoanche in questo campo un ruolo preminente. Inoltre le sue tenaci idee sugli aspetti pastorali del suo incarico lo spinsero a impegnarsi personalmente nei servizi di assistenza sociale della diocesi.
Nel 1605, ritornò a Roma per partecipare all’elezione del successore di Clemente VIII , morto alla fine di marzo, e quando il nuovo papa, Leone XI , morì un mese più tardi, Roberto per poco non fu eletto al suo posto. Il cardinale Camillo Borghese, eletto papa
S. ROBERTO BELLARMINO3con il nome di Paolo V (1605-1621), immediatamente lo nominò prefetto della Biblioteca Vaticana e gli chiese inoltre di essere al servizio di un certo numero di congregazioni romane. Accorgendosi che questo incarico era incompatibile con l’attività di vescovo diocesano, Roberto lasciò la sua sede e ritornò a Roma, dove rimase poi fino alla fine, divenendo, come lo definì James Broderick, il «factotum della Santa Sede», ed agendo sempre con l’integrità e la moderazione che lo caratterizzavano. Queste qualità emergono nel caso del frate servita Paolo Sarpi durante la disputa di Paolo V con la repubblica di Venezia, e nel 1606, quando dovette ricordare a George Blackwell, superiore dei missionari secolari in Inghilterra, il significato del giuramento d’alleanza: Giacomo I (1603-1625), che era un suo amico personale, avrebbe preferito un approccio più diplomatico.
Un caso diverso fu quello di Galileo, che da un po’ di tempo sosteneva la teoria di Copernico della rotazione della terra intorno al sole, contro quella tolemaica che collocava la terra al centro dell’universo. Roberto era amico e ammiratore di Galileo, e la sua mente era sufficientemente aperta per accettare la possibilità che la sua affermazione potesse essere vera. Nella prima fase del processo a Galileo, che espresse alcune affermazioni poco convincenti anche se la sua teoria era valida in se stessaRoberto fece in modo che non fosse condannato, nondimeno gli consigliò di non peggiorare la propria posizione confondendo le ipotesi con i dati certi, ma alla fine egli stesso fu incapace di liberarsi dall’interpretazione rigida e letterale della Scrittura su cui si basavano gli oppositori. Durante la vecchiaia, Bellarmino abbandonò l’argomento della controversia, e si dedicò alla stesura di libri devozionali, come il De Ascensione mentis in Detim e il De arte bene moriendi. Anche se nella vita privata fu austero fino alla fine, non era affatto severo, anzi la sua vita fu permeata dalla gioia del Vangelo e dallo spirito degli Esercizi Spirituali di S. Ignazio, e nonostante il suo fisico minuto, fu S. ROBERTO BELLARMINO4una grande personalità, in cui si fondevano un’acuta intelligenza e un enorme calore umano, qualità che esercitavano una grande attrazione sul popolo: non solo riceveva numerosi visitatori, ma teneva anche una ricca corrispondenza con loro.
Uno dei suoi tratti più apprezzabili era la capacità di distinguere gli individui dalle loro opinioni: quando non condivideva le ultime, la critica non era mai rivolta alla persona, anzi pregava ogni giorno per i suoi oppositori. Nell’agosto del 1621, riuscì a convincere il papa, che a quel tempo era Gregorio XV (1621-1623), a concedergli il permesso di ritirarsi nel noviziato gesuita presso il Quirinale, dove giunse il 25 agosto. Dopo solo tre giorni, tuttavia, si ammalò, e nelle successive tre settimane i visitatori affluirono numerosi, desiderosi di vederlo per l’ultima volta.
Morì il 17 settembre 1621, fu sepolto nella Cappella della Madonna del Gesù, ma nel 1923, anno della sua beatificazione, i resti furono trasferiti nella chiesa di S. Ignazio. La canonizzazione fu confermata nel 1930 da papa Pio X I (1922-1939), che l’anno seguente lo proclamò dottore della Chiesa.
É INVOCATO: – come protettore dei catechisti
FonteIl primo grande dizionario dei santi di Alban Butler

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