Duchessa e clarissa(1521) 02 novembre
Renato I di Sicilia detto il Buono, duca di Angiò e di Lorena, ebbe due fighe: Margherita, che sposò Enrico VI di Inghilterra, e Iolanda, che andò in moglie a Ferri di Lorena. Margherita di Lorena era la figlia di quest’ultima e sposò Renato, duca di Alencon, all’età di venticinque anni.
A dieci anni, durante una passeggiata nel bosco, si nascose con alcune coetanee, destando apprensione tra le persone del seguito. Ritrovata prima di notte, confessò di aver voluto darsi alla vita eremitica. Non furono molti a stupirsi, sapendo come il nonno facesse leggere alla bambina le Vite dei Padri del deserto e come il buon Sovrano angioino non si mostrasse né sorpreso né contrariato notando questa precoce vocazione all’ascetismo nella sua nipotina prediletta.
Dopo il matrimonio la vita dei due sposi non fu facile, perché i disastri della Guerra dei Cent’Anni angustiavano il piccolo Ducato e le cose peggiorarono quattro anni dopo,quando suo marito Renato morì, lasciandola a 32 anni con tre figli molto piccoli e con la responsabilità delle proprietà di Alencon.
Per prima cosa si assicurò il diritto di tutela sui propri figli, che il re francese, Carlo VIII (1483-1498), voleva portarle via, e dopo si stabilì nel suo castello a Mauves, dove li allevò. Margherita s’interessò, oltre che dei suoi figli, anche dei suoi vassalli, curando non solo la loro crescita materiale ma anche quella spirituale, si rivelò un’abile amministratrice (quando
il figlio Carlo, all’età giusta, si sposò, le loro proprietà erano in
condizioni di gran lunga migliori di quanto fossero alla morte del
padre).
Margherita visse sotto l’influenza di S. Francesco di Paola (2 apr.) e dalla morte del marito condusse una vita ascetica irreprensibile.
Nel 1513 ca., quando non ebbe più la responsabilità dei figli, fece tre parti dei suoi beni personali: una destinata ai poveri, l’altra alla Chiesa, la terza al proprio sostentamento e si ritirò a Mortagne, nel sud est di Argentali, dove esisteva un convento che le offrì l’opportunità di dedicarsi all’assistenza dei poveri e degli ammalati.
Il Vescovo della Diocesi dovette invitare la Duchessa a moderare il
proprio zelo ascetico, che la portava non solo a trascorrere notti quasi insonni, in preghiera, a indossare cilici, a digiunare a lungo, ma anche a disciplinarsi con estremo rigore per provare, com’ella stessa soleva dire, ” qualcosa della Passione di Gesù “.
Successivamente, trasferì molte monache di questo convento ad
Argentan, riunendole sotto la Regola delle Clarisse povere ed entrandovi
a far parte nel 1519, senza però accettare l’incarico di badessa.Dopo due anni, la Duchessa si ammalò. A chi le proponeva un cambiamento d’aria, rispose che era necessario obbedire alla Regola, ma non era necessario vivere. Infatti non visse a lungo, e si preparò alla morte rimettendosi completamente nelle mani della Madre Superiora, perché questa la rimettesse a sua volta nelle mani del Salvatore. Morì ad Argentan da vera clarissa, la sera del giorno dei defunti, nel 1521.
Sul petto le fu trovata una croce di ferro, con tre punte che penetravano nella carne. Nel 1793 i giacobini rimossero il corpo dalla tomba e lo gettarono in una fossa comune (lei stessa avrebbe riconosciuto una certa appropriatezza in quest’atto profano giacché la univa ai poveri, agli sconosciuti ai quali si era dedicata tanto).
É INVOCATA: – come protettrice delle partorienti
Fonti: Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler / santiebeati.it
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