(1535-1680) 4 maggio
La festa di oggi si distingue da quella del 25 ottobre che commemora i Quaranta Martiri d’Inghilterra e del Galles, canonizzati da Paolo VI nel 1970, perché quella odierna ha un carattere più generale e include non solo quelli beatificati da Giovanni Paolo II nel 1987 ma anche tutti quelli, circa duecento, beatificati in precedenza da altri papi.
Nel corso della presente voce viene fornito uno schema con i nomi principali e le date. I primi martiri di questo periodo furono certosini a Londra e altrove, messi a morte nel 1535 prima dei SS. Giovanni Fisher e Tommaso Moro (22 giu.). Al pari di altri furono vittime di una legge, introdotta allora, che accusava di alto tradimento chi negasse che «il re era l’unico capo supremo, sulla terra, della Chiesa d’Inghilterra». Ciò non solo ratificava il rifiuto del primato del papa quale successore di Pietro ma contraddiceva anche (come disse Tommaso Moro durante il suo processo) le dichiarazioni dei concili e l’antico credo della Chiesa. Questo avveniva in seguito alla legislazione che aveva dichiarato offesa capitale il rifiuto o la negazione della validità del matrimonio di Enrico VIII con l’amante Anna Bolena, mentre era ancora in vita la moglie legittima Caterina d’Aragona.
Elisabetta I, nel suo primo anno di regno (1559), si attenne al concetto di tradimento con l’Atto di Uniformità, che dichiarava alto tradimento la triplice negazione dell’autorità spirituale della regina (dal 1563 si passò a due volte). Un’ulteriore legge del 1571 includeva l’accusa di “parole sediziose” contro la regina, e nel 1581 divenne tradimento riconciliare o riconciliarsi con la Chiesa cattolica, e anche indurre altri a riconciliarsi. Quattro anni dopo (1585) un’altra legge considerò alto tradimento il fatto che un cattolico inglese ordinato prete all’estero dopo la data del 24 giugno 1559 rientrasse e rimanesse nel regno e la medesima legge perseguiva chiunque ospitasse o assistesse quel prete. Non meno di settantacinque degli ottantacinque martiri
beatificati nel 1987 furono condannati in base a questa legge. La pena per un prete era l’impiccagione, l’essere sventrato e infine squartato; per un laico era “solo” l’impiccagione. Quando
si aprì la caccia ai preti, i rifugi segreti approntati da S. Nicola
Owen e altri offrirono spesso possibilità di salvezza; chi dava rifugio
ai ricercati metteva però a rischio la propria vita. La volontà dei
sovrani era decisiva nel definire la natura e la pena dei cosiddetti
crimini ed è giusto notare che durante i primi dodici anni del regno di
Elisabetta I non ci furono condanne a morte; fu la scomunica lanciata da papa S. Pio V (30 apr.) contro la regina nel 1570 che spinse il governo a essere sempre più intransigente con i cattolici.
Tra il 1570 e il 1578 ne furono martirizzati otto; seguirono
tre anni di tregua, ma dal 1581 al 1603 non ci fu anno senza
l’esecuzione di molti martiri, la maggior parte dei quali fu messa a
morte per il semplice status di prete. Durante i primi sedici
anni del regno di Giacomo I (1603-1625) ci furono più di venti martiri,
ma nessuno tra il 1619 e il 1625. Nel frattempo le severe leggi del
“rifiuto” contro chi non accettava di ricevere i sacramenti nella locale
Chiesa d’Inghilterra imponevano pesanti tasse sulle proprietà dei cattolici. Esse tuttavia in molte regioni non venivano applicate alla lettera e nella stessa Londra le condizioni erano cambiate.I matrimoni sia di Carlo I (1625-1649) che di Carlo II (1660-1685)portarono a una riduzione delle violenze e a persecuzioni più sporadiche dei cattolici sotto gli Stuart, mentre la necessità di promuovere buone relazioni con le potenze cattoliche straniere indussero il governo a consentire che le cappelle delle ambasciate fossero aperte al culto cattolico.
Alcune di esse, tra cui Warwick Street e Maiden Lane, sono ancora oggi funzionanti come chiese cattoliche. Le persecuzioni ripresero vigore in periodi critici come quelli delle presunte sedizioni (ad esempio la “congiura delle polveri” e la “congiura papista“). Qualche volta queste persecuzioni erano estremamente violente e portavano ad esecuzioni capitali, altre volte erano meno palesi ma certo non meno repressive. Durante la guerra civile (1642-1652) molti cattolici in vista si schierarono a sostegno del re Carlo I , divenendo ancor più invisi a Cromwell e ai suoi seguaci; solo i cattolici soffrirono il martirio nei periodi del Commonwealth e del Protettorato (1649-1660). Al tempo della restaurazione degli Stuart la lealtà cattolica non fu premiata in termini legislativi, e la cosa divenne evidente con l’ultima esplosione di persecuzione causata dalla cosiddetta congiura di Titus Oates (“congiura papista”) del 1678.
I martiri inglesi della Riforma furono venerati privatamente, spesso fin dal tempo della loro morte, ma il riconoscimento ufficiale venne quando papa Gregorio XIII (1572-1585) permise che le effigi dei martiri fossero incluse nella serie di affreschi dipinti da Circignani nel Collegio inglese a Roma, fondato dal papa stesso. Questi affreschi raffigurano i martiri inglesi: S. Albano, S. Bonifacio, S. Edmondo, S. Elfego, S. Tommaso di Canterbury e altri che diedero la vita per Cristo e sono venerati come martiri dalla Chiesa. Il gesto era una chiara e autorevole indicazione che i morti inglesi della Riforma dovevano essere considerati con lo stesso titolo. Nel 1642 Urbano VIII, figura importante nella storia delle canonizzazioni, iniziò un’inchiesta formale, poi accantonata a causa della guerra civile. Durante il XIII secolo il vescovo Challoner (1691-1781) mantenne viva la memoria dei martiri scrivendo Memoirs of Missinnary Priests (1741), mentre in altri circoli l’interesse cattolico tendeva a scemare: si vedeva con sospetto ogni atteggiamento che generasse “entusiasmo”, e si dava maggior valore al fatto di vivere in pace con i protestanti, da buoni vicini.
Solo nel 1874 furono fatti i successivi passi ufficiali per promuovere la causa dei martiri; negoziazioni iniziali sui vari Relief Acts e Catholic Emancipation (1829), per non parlare delle violenze anti-cattoliche che scatenarono le rivolte di
Gordon (1780) e accompagnarono la restaurazione della gerarchia (1850),
sembravano sconsigliare qualsiasi passo ulteriore. Il card. Manning
iniziò il processo ordinario mandando a Roma una lista di trecentosessanta nomi per la beatificazione.
Dodici anni dopo la Santa Sede, avendo
vagliato attentamente le prove, riconobbe che Gregorio XIII ne aveva
beatificati quarantaquattro, il cui culto fu allora confermato da Leone
XIII. I quarantaquattro casi furono riesaminati per informazioni più
accurate. Dei duecentocinquantatre casi pendenti altre centotrentasei
beatificazioni furono accordate da Pio XI nel 1929. Rimanevano
centosedici nomi della lista di Manning, alla quale furono aggiunti
duecentoquarantadue nomi nel 1889, tra cui il francescano Matteo
Atkinson, morto nel castello di Hurst, non più tardi del 1729, dopo
trent’anni di prigionia. Nel 1960 il cardinale Godfrey fece una petizione
alla Santa Sede perché si procedesse a canonizzare un numero
selezionato di martiri che già erano stati beatificati, e che erano
conosciuti e radicati nella devozione dei fedeli. La canonizzazione dei
Quaranta Martiri nel 1970 fu il primo risultato raggiunto; dalla stessa lista furono presi in esame gli ottantacinque fedeli beatificati poi nel 1987.
La Santa Sede esaminò attentamente le molte istanze ammettendo
solamente quelle di coloro che avevano sofferto per motivi religiosi e
non politici. Quelli ricordati nella festa di oggi includono uomini e
donne, preti e laici, ricchi e poveri in egual misura, che esercitavano
professioni e appartenevano a ceti sociali diversi e venivano da varie
regioni dell’Inghilterra e del Galles. Possono apparire meno
attraenti o carismatici di alcuni dei Quaranta, ma sono allo stesso modo
degni di venerazione perché anch’essi diedero la loro vita per Cristo.Nel considerare la sopravvivenza del cattolicesimo in Inghilterra durante i lunghi “tempi di pena” si deve notare primariamente che il lealismo, continuo e degno di lode, è stato vitale per prevenire una sua vera e propria scomparsa, come nei paesi scandinavi. Inoltre la testimonianza dei martiri è stata capitale, come in altri luoghi o in altri periodi della storia; nel II secolo lertulliano definì il sangue dei martiri il seme dei cristiani (spesso si usava l’espressione «il seme della Chiesa») e la stessa importanza ha rivestito durante la predicazione missionaria o per il radicamento della fede nelle culture più compatte e impermeabili al Vangelo.
Nei tempi moderni, per esempio, Francia, Cina, Giappone, Vietnam, Uganda, Spagna, Inghilterra e Irlanda hanno dato i natali a molti; martiri. La persecuzione in Inghilterra fu opera del governo dietro impulso e con la complicità di membri della Chiesa nazionale e spesso, comprensibilmente, sono stati fatti paragoni con l’opposta persecuzione sorta durante il regno della regina Maria la Cattolica.
Questa si sviluppò principalmente nella regione di Londra e nell’Essex e fu di breve durata ma violentissima; pochi o nessuno vogliono oggi difendere: una politica che portò ai roghi di Smithfield e all’uccisione di duecentosettantotto persone, più di quanti – cattolici – morirono durante la persecuzione di Elisabetta I . Ma l’asprezza delle relazioni sociali era una nota diffusa e «la legge inglese dal XI al XVIII secolo mise insieme più di duecento capi d’accusa degni della pena capitale, che andavano dall’alto tradimento al furto di una proprietà del valore di pochi scellini [...] Furono poi ridotti a quattro nel 1861» (D.R. Campion, Capital Punishment in N.C.E., 3, p. 80). La vita umana sembrava aver poco valore; molti assistevano alle pubbliche esecuzioni come se fossero spettacoli e tutti i tipi di pena inflitti tra il X e il XVII secolo erano molto più severi di quelli dei nostri giorni, dove la raccapricciante barbarie dei regimi Tudor è stata eguagliata solo dalle dittature (sia di destra che di sinistra).
Nell’odierno clima ecumenico è da accogliersi con gioia il commento dell’Assemblea di Lambeth del 1970; «La tradizione del martirio deve essere condivisa da tutti e da essa tutti debbono attingere forza, superando i confini ecumenici». Nei 1987 il dottor Runcie, arcivescovo di Canterbury, espresse la speranza che «queste
beatificazioni spingano tutti i cristiani di Inghilterra, Galles e
Scozia a perseguire strade di riconciliazione e riunificazione con
maggior efficacia e comprensione reciproca [...] Oggi
possiamo celebrate la loro eroica testimonianza cristiana e deplorare
l’intolleranza dell’età che ha incrinato le convinzioni cristiane».
Tra coloro che sono commemorati in questa data troviamo Giorgio
Haydock, prete, e i suoi compagni, messi a morte a Tyburn nel 1584; Ugo
Taylor, prete del seminario ucciso a York nel 1585. Il giorno successivo
a questa esecuzione (27 nov.) subì la stessa sorte Marmaduke Bowes, «un
onesto gentiluomo benvoluto da tutti» che per qualche tempo partecipò
al culto protestante pur rimanendo cattolico nel suo cuore e fu
impiccato perché aveva dato rifugio a Ugo Taylor. La sua temporanea
riluttanza a rivelare la propria fede non lo priva della corona del
martirio. Nell’attuale revisione del concetto di abiura, si riconosce
che proprio coloro che in apparenza furono meno eroici contribuirono non
poco alla sopravvivenza del cattolicesimo in Inghilterra e nel Galles.Fonte: Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler
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