di Arnaldo Casali
Negli anni ’60
aveva suonato ad Amburgo coi Beatles. Ora è il leader del gruppo Kralica
Mira. La nuova vita del più celebre cantautore ternano
TERNI –
“Medjugorje mi ha cambiato la vita. Senza effetti speciali, però. Mai
avuto apparizioni, mai visto il sole che pulsa, o cose di questo genere.
Sono tutte stupidaggini”.
Vittorio Gabassi
nel 1960 era ad Amburgo con i Beatles; nel 1978 alla Rca con Riccardo
Cocciante e Claudio Baglioni. Da vent’anni è a fianco di ogni giovane
ternano che si avvicina alla musica rock e jazz e da otto è il più
celebre cantore di Medjugorje e il leader del gruppo Kralica Mira
(“Regina della pace” in croato).
“Pensavo di
andare a fare un viaggio di piacere, la prima volta che mi sono
ritrovato a Medjugorje. Non ne avevo mai sentito parlare, e non avevo
idea che fosse un luogo dove appariva la Madonna”.
Partiamo dall’inizio. Come si è avvicinato alla musica?
“A tredici anni
ho trovato una chitarra nella cantina di un mio vicino, a 18 con un
amico sono partito per la Germania. Mio padre era morto sotto i
bombardamenti quando avevo due anni e sono cresciuto in collegio. Anche
per questo ho avuto la libertà di partire: convincere una madre è più
facile che convincere un padre”.
Perché la Germania?
“Al mare avevamo
conosciuto una ragazza che viveva a Monaco. Sono stato fuori cinque
anni: ho girato tutta Europa: Germania, Svezia, Finlandia. Ho suonato
anche ad Amburgo, dove c’erano i Beatles alle prime armi”.
Guadagnava bene?
“Guadagnavo
tantissimo. La musica italiana era molto amata all’estero. Guadagnavo
venti volte quello che guadagnava un impiegato qui”.
Tornato in Italia che ha fatto?
“Ho iniziato a
suonare e a insegnare, poi c’è stato l’incontro con la Rca. Ero a Roma,
passai davanti alla sede, entrai e cantai una canzone. Mi fecero fare
subito un disco”.
Un 45 giri?
“Sì, Gilda, che è
stato venduto in tutta Italia. Era il 1978 e le copie andarono tutte
esaurite. Così mi fecero un contratto di cinque anni, che io non ho
rispettato”.
Perché?
“Prevedeva che
io aprissi i concerti di Riccardo Cocciante e Claudio Baglioni, ma io
volevo formare una famiglia. Mia figlia aveva sette anni: girare
l’Italia avrebbe significato non vederla crescere”.
Tra la carriera e la famiglia ha scelto la famiglia.
“E’ stata la
cosa più bella. Perché non ho rinunciato alla musica: ho continuato a
scrivere canzoni e a suonare, e poi la Madonna mi aspettava”.
Nel frattempo è diventato anche un talent scout. Ha prodotto praticamente tutte le rock band ternane degli ultimi vent’anni.
“E’ servito
anche a tenermi aggiornato: ho insegnato tanto ai ragazzi, ma ho anche
imparato tanto da loro: se le mie canzoni non hanno il classico ritmo
delle canzoni religiose (di solito molto noioso) è proprio perché devono
stare al passo con gli accordi che insegno ai ragazzi”.
E l’incontro con Medjugorje, come è avvenuto?
“Ero appena
andato in pensione ed ero a sciare a Campo Felice, con una persona che
conoscevo da pochissimo. Mentre eravamo in segiovia dissi: “Questo è
davvero un Paradiso”. E questa persona mi rispose: “Tra cinque giorni
vado in un paradiso più bello di questo”. “Allora vengo anche io”. Così
partimmo, io e mia moglie, senza sapere nemmeno quale era la
destinazione”.
Alla cieca?
“Sì,
completamente. Io non ero cattolico, ed ero molto critico con la Chiesa.
Ero uno di quelli che a Natale e a Pasqua accompagna la famiglia a
messa restando fuori della chiesa. Là ho preso una botta tremenda:
tornato a casa, dopo dieci giorni ho scritto una canzone che oggi
cantano in tutto il mondo ed è diventata l’inno di Medjugorje”.
E’ una canzone che racconta l’atmosfera che si respira in quel luogo. Non dice nulla, invece, dei fenomeni soprannaturali.
“Queste sono le stupidaggini che cerca la gente. Il miracolo più grande è la conversione”.
Nessuna apparizione?
“Assolutamente
no. Non ho visto nessun segno; non ho visto – per fortuna – il sole che
lampeggia, e non me ne frega assolutamente niente. Il miracolo che
succede dentro di te, quello che riesco a fare con i ragazzi, quello è
il miracolo vero. Scoprire che io che andavo cercando la meditazione in
India, mentre il miracolo ce l’avevo nella chiesa sotto casa”.
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