Sacerdote e fondatore (1825-1888)
Francesco visse in uno dei periodi più turbolenti della storia italiana, quando le forze liberali laiche, che avevano acquistato potere con l’Illuminismo e la Rivoluzione francese, cercavano di contrastare il papato e il potere temporale, di combattere la supremazia della Chiesa nel campo dell’educazione e di abolire i privilegi ecclesiastici.
Francesco Faà di Bruno nacque ad Alessandria il 29 marzo 1825, ultimo dei dodici figli di Ludovico e Carolina Sappa dei Milanesi, entrambi di origini nobili. Morì nel 1888, vivendo durante uno dei periodi più turbolenti della storia italiana, quando le forze liberali laiche, che avevano acquistato potere con l’Illuminismo e la Rivoluzione francese, cercavano di contrastare il papato e il potere temporale, di combattere la supremazia della Chiesa nel campo dell’educazione e di abolire i grandi e scandalosi privilegi ecclesiastici. Nessuno, e tanto meno un piemontese, poteva restare immune dall’angoscia che accompagnava la nascita dello stato moderno; lo stesso papa Pio IX inizialmente accolse con favore i moti risorgimentali, ma quando gli elementi anti-religiosi e anti-cattolici guadagnarono la maggioranza cambiò politica.
Francesco era un uomo di trentasei anni quando, nel 1861, l‘Italia fu unificata. Nel periodo in cui fu ufficiale nell’Accademia Militare di Torino, re Vittorio Emanuele II rimase talmente colpito dalla finezza del suo carattere e dall’ampiezza delle sue conoscenze da nominarlo tutore dei suoi due figli. Per prepararsi all’incarico, Francesco andò a Parigi a perfezionare gli studi ma quando tornò nel 1852 per iniziare il lavoro, scoprì che i consiglieri del re gli avevano fatto annullare l’incarico.
Vittorio Emanuele era salito sul trono piemontese scendendo a patti con i membri liberali della Camera dei deputati: fu obbligato a giurare fedeltà alla Costituzione del 1848 e messo in guardia dall’ostacolare il volere della Camera. Nel medesimo anno della promulgazione della Costituzione, i deputati approvarono una legge che riduceva il ruolo della Chiesa nell’educazione, passando allo stato il controllo dei curriculum e delle nomine degli insegnanti, ed era chiaro che avrebbero mal tollerato, come tutore dei principi, un uomo noto quale fervente cattolico. L’anno seguente Francesco lasciò l’esercito e fece ritorno a Parigi per conseguire un dottorato in matematica e astronomia.
Pubblicò la sua dissertazione nel 1856, insieme ad altri scritti di musica, religione e vita ascetica. Nel 1857 tornò ad Alessandria, dove venne presentato come candidato per il partito cattolico conservatore e fu sconfitto dalla coalizione cavouriana al ballottaggio finale.Intraprese allora la carriera accademica, insegnando all’università di Torinotopografia, trigonometria e geofisica.
Sebbene l’insegnamento lo impegnasse molto, Francesco trovava tempo per compiere opere di carità: fondò la Pia Opera di S. Zita per cameriere e serve, aggiungendovi in seguito una sezione per apprendiste, future insegnanti e ragazze madri; costruì ospizi per anziani, poveri, donne malate e sacerdoti. Nel 1867 fece costruire una chiesa a Torino in memoria dei soldati che avevano offerto la loro vita per l’unificazione del paese. Su consiglio di S. Giovanni Bosco(31 gen.) decise di diventare sacerdote per allargare il suo ministero ai bisognosi.
Francesco spese tutti i beni, le entrate e l’intera vita nella sua opera di carità. Nel 1877 organizzò un ricovero per il recupero delle prostitute e nel 1881, insieme a Giovanna Gonnella, fondò la Congregazione delle Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio per portare avanti la sua opera.L’arcivescovo di Torino si oppose, ma l’intervento di Pio IX a favore delle vocazioni tardive cancellò le sue perplessità e Francesco a cinquantun anni divenne prete. Continuò però a insegnare e gli fu assegnata la cattedra di matematica e geometria superiore, che conservò fino alla morte.
L’amore per Dio, nutrito costantemente con la preghiera, era il principio fondamentale di tutta la sua attività. Era solito dire:
«Donarsi a Dio significa arrendersi a un’attività superiore, che ti trasporta verso Dio come un torrente in piena».
Morì a Torino il 27 marzo 1888 e fu beatificato dopo cent’anni, nel 1988.
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