Vescovo-francescano (1450) 22 ottobre
Nato ad Agrigento da famiglia spagnola negli ultimi anni del XIV secolo, Matteo entrò diciottenne nell’Ordine francescano dei conventuali. Qualche tempo dopo, udita la fama di S. Bernardino di Siena (20 mag.), decise di lasciare i conventuali per entrare nei frati osservanti. Divenuto intimo amico del celebre santo, viaggiò insieme a lui per tutta l’Italia, acquistando anch’egli fama di predicatore efficace.
Tornato nella nativa Sicilia intorno all’anno 1421, si dedicò alla riforma dei chierici, che trovò spesso colpevoli di simonia o, nella maggioranza, indifferente e negligente rispetto ai propri doveri.
Matteo predicò in tutta l’isola cercando di far accrescere il fervore dei sacerdoti e dei laici, diffondendo soprattutto la devozione al Sacro Nome di Gesù. Propagandò tale venerazione con grande successo, finendo per essere coinvolto nelle controversie che sorsero al riguardo; Bernardino, quando introdusse il simbolo IHS, fu tacciato di eresia perché colpevole di favorire la superstizione, tanto che per discolparsi da tali accuse dovette, insieme a S. Giovanni da Capestrano (23 ott.), fare appello al papa.
Matteo, nominato provinciale degli osservanti in Sicilia, nel 1425 ricevette il permesso da papa Martino V di fondare tre nuovi conventi nell’isola. Nel 1427-1428 si recò in Spagna per ottenere dal re di Aragona, Alfonso V, che a quel tempo reggeva la Sicilia, appoggi contro coloro che si opponevano alla riforma. Mentre si trovava in quel paese, fondò due conventi, a Barcellona e a Valencia.
Si
conserva una lettera, datata marzo 1427, indirizzata dalla regina a un
ufficiale di corte, in cui si descrive quale profitto spirituale lei e
altri avevano tratto dalle esortazioni quaresimali di Matteo; questi
infatti aveva suscitato un grande entusiasmo sia tra la popolazione di Valencia che tra i membri della famiglia reale.
Aveva persino attaccato la moda del tempo con tale efficacia che la regina modificò il proprio modo di vestirsi,
ordinando alle dame di corte di fare altrettanto (questo tipo di
attacchi rientrava nella più generale tematica del male presente nel
lusso e dell’esigenza cristiana di condurre una vita modesta). Le lettere della regina descrivono anche come Matteo si fosse preso cura dei malati, avesse ridato la vista a un cieco e compiuto altri miracoli. Inoltre aveva diffuso la devozione del Sacro Nome e introdotto il simbolo IHS in Spagna, esortando la gente a metterlo in mostra nelle loro case e nei luoghi pubblici; ciò suscitò la stessa fiera opposizione che aveva suscitato in Italia,
soprattutto da parte dei domenicani e degli agostiniani. Un frutto dei
soggiorni in Spagna del beato fu comunque la duratura amicizia
instaurata con il re e la regina di Aragona, che divennero sostenitori appassionati e concreti della riforma.
Di ritorno in Sicilia, fondò a Siracusa nel 1429 un altro convento; per ordine del papa si impegnò inoltre nella riforma di altre case religiose in Italia e sull’isola. Nel 1442 Alfonso V lo nominò vescovo di Agrigento:
Matteo accettò il nuovo incarico molto controvoglia e probabilmente
solo perché glielo ordinò papa Eugenio IV. Desiderava invece continuare
la propria opera di riforma, ma i suoi tentativi di sconfiggere la
simonia tra i chierici incontrarono una dura opposizione: recatosi a Roma per difendersi dalle calunnie degli avversari, al suo ritorno fu accusato di disturbare la pace, evidenziandosi come tizzone della discordia e rifiutando di ascoltare coloro che cercava di riformare.Egli chiese quindi al papa l’autorizzazione a rassegnare le dimissioni, dal momento che gli sembrava di non concludere niente; Matteo per di più non godeva di buona salute e alla fine, quando con riluttanza le sue dimissioni furono accettate, potè fare ritorno tra gli osservanti. Ma i problemi di Matteo non erano finiti. Giunto alle porte del monastero che aveva fondato, non gli fu permesso di entrare con l’accusa di aver accettato la nomina a vescovo spinto dall’ambizione e di essere capace solo di portare all’interno della comunità le stesse discordie che aveva sollevato nella diocesi. Tornato per un certo periodo con i conventuali, fu poi convinto dal ministro provinciale a riunirsi agli osservanti; quando però egli si aggravò, il suo ordine era troppo povero per offrirgli l’assistenza medica necessaria e fu riportato dai conventuali a Palermo, presso i quali nel 1450 morì. Il culto di Matteo, diffusosi in forma non ufficiale, trovò conferma nel 1767. La sua vita testimonia sia i grandi sforzi che singoli individui, pienamente sostenuti da papi e governanti, fecero nel XV secolo per la riforma della Chiesa, sia le difficoltà che tali riformatori incontrarono quando la maggior parte del clero pareva aver perduto il proprio zelo e il senso della vocazione.
Fonte: Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler
Nessun commento:
Posta un commento