vescovo e martire (ca. 37 – ca. 107) 17 ottobre
Di origine siriaca, Ignazio nacque circa nel 37 e divenne vescovo dell’importantissima sede di Antiochia intorno all’anno 69; secondo alcuni, è stato discepolo di S. Giovanni Evangelista. A motivo della fede e della carica fu imprigionato e mandato in catene a Roma (era forse cittadino romano) dove subì il martirio durante l’impero di Traiano, intorno all’anno 107 (alcuni autori tendono a posticipare di qualche anno la sua morte, ponendola tra il 110 e il 117).
VIDEO-STORIA
Sulla strada per Roma Ignazio incontrò S. Policarpo (23 feb.), vescovo di Smirne, e le diverse comunità cristiane diffuse lungo il suo itinerario, ricevendone calorosa accoglienza. In questo stesso viaggio scrisse ad alcune Chiese dell’Asia Minore e ai cristiani di Roma sette lettere, di grande importanza perché ci offrono una vivissima testimonianza del cristianesimo (e della dottrina professata) del I secolo e perché costituiscono la fonte principale di informazione a proposito di Ignazio stesso. In esse egli si rivela come una persona profondamente spirituale e istruita, pervasa da un pressante desiderio del martirio.
Preoccupato di sanare le divisioni nelle Chiese, mise in evidenza il ruolo del vescovo locale come rappresentante e garante dell’unica fede e dell’eucarestia come fonte costitutiva, «la
medicina di immortalità, l’antidoto contro la morte, che dà la vita
eterna in Cristo Gesù [...] il pane che è la carne di Gesù Cristo,
quella carne che ha sofferto per i nostri peccati».
Sottolineò inoltre, contrapponendosi frontalmente alla diffusa eresia docetista, la reale e perfetta umanità e divinità di Gesù,la sua vera morte e Resurrezione corporale, da cui proviene la nuova vita del cristiano.
Il Cristo è l’unica salvezza e l’unica verità, bellezza e gloria della Chiesa; ai cristiani di Efeso scrisse: «Voi
tutti siete portatori di Dio, portatori del suo tempio, portatori di
Cristo, cosicché non avete altro ornamento che i precetti di Gesù
Cristo». Fu dunque veramente cantore della presenza
sacramentale di Dio in ogni battezzato e nella Chiesa riunita nella
liturgia e attorno al vescovo, e per questo amava presentarsi sempre con
il soprannome di Theophoms, “portatore di Dio“.
Catechesi Audio
in formato Mp3 del Santo Padre Benedetto XVI sui Padri della Chiesa parla di Sant’Ignazio di AntiochiaNon appena Ignazio fu vicino a Roma, i cristiani della città gli vennero incontro, rallegrandosi per il fatto di averlo con loro, ma afflitti perché presto lo avrebbero perduto. Pare che essi sperassero ancora di ottenere in qualche modo il rilascio del vescovo, ma Ignazio ripetè quello a cui li aveva già esortati per lettera, di non ostacolare, cioè, il suo cammino verso il martirio: «Temo che i l vostro amore mi rechi danno; perché è facile per voi fare ciò che volete, ma è difficile per me
conseguire Cristo, se voi non mi risparmiate». Egli pregò quindi per la Chiesa, per la fine della persecuzione e per l’amore e l’unità tra i cristiani. Portato in fretta al Colosseo, fu gettato ai leoni, morendo quasi immediatamente.
Nella sua lettera si era descritto come «frumento di Dio, (che deve essere) macinato dai denti delle belve, per essere trovato puro pane di Cristo». E ancora: «Allora sarò veramente discepolo di Gesù Cristo, quando il mondo non vedrà neppure il mio corpo [...] Ma se patisco, sarò liberto di Gesù Cristo e risorgerò libero in lui. Ora, in catene, imparo a non desiderare nulla».
Come detto, Ignazio nutriva un intenso desiderio di morire martire, e nei suoi scritti abbiamo la prima traccia della teologia cristiana del martirio: il cristiano deve imitare Cristo in tutto, passione compresa, e, quanto a sé, egli riteneva dunque che soltanto dopo aver patito le stesse sofferenze del Signore avrebbe potuto dirsi vero discepolo. Questo desiderio di partecipare alla Passione di Cristo, però, non significava (a differenza di autori più tardi) volerne imitare dettagliatamente la modalità fisica; se la vita cristiana è comunione totale con Cristo, sofferenza e martirio ne sono testimonianza e realizzazione massime, indipendentemente da come avvengono; sono il segno della piena fedeltà e unione a lui e, mediante lui, al Padre verso cui la morte di Gesù ci ha aperto la strada.
Per Ignazio, dunque, questa condivisione della Passione di Cristo deve essere anche parte di tutta la vita del cristiano, realizzata attraverso una condotta santa e un apostolato attivo, attraverso il rinnegamento di se stessi e l’apertura all’azione dello Spirito. Il pensiero del santo, lo si vede bene, si raccoglie dunque in una forte unità e l’importanza che, si è detto, Ignazio attribuiva all’eucarestia, ora si chiarisce ancor più, dal momento che proprio nell’eucarestia il cristiano viene associato alla passione di Gesù e quindi unito a lui in modo eccezionale.
La
festa di S. Ignazio nella Chiesa occidentale si celebrava l ‘ 1
febbraio, ma dopo il 1969 è stata trasferita al 17 ottobre, in accordo
con la tradizione della Chiesa di Antiochia. Le altre Chiese d’Oriente la celebrano invece il 20 dicembre, che si suppone sia il giorno dell’arrivo del santo a Roma.
Ignazio, frequentemente ritratto nell’iconografia cristiana, è di
solito raffigurato con tutti i paramenti episcopali, come si può vedere
nei mosaici del VI secolo a Santa Sofia, nelle statue della cattedrale
di Chartres e nel battistero di Firenze. Un’altra immagine ricorrente è
quella che ritrae la rimozione del cuore del santo, su cui è scritto il nome “Gesù”: appartiene a questo genere il dipinto del Botticelli, che si conserva negli Uffizi a Firenze, mentre l’Adorazione dei santi e degli angeli di Beato Angelico, alla National Gallery di Londra, mostra il santo, ornato di mitra, con un cuore nella mano sinistra.Fonte: Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler
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