monaco-eremita(ca. 291-371) 21 ottobre
Trovando però difficile resistere alle numerose occasioni di distrazione create dalle persone che venivano a far visita al celebre maestro, tornò nella nativa Palestina in cerca di vera solitudine (questa costante ricerca di tranquillità e isolamento è uno dei temi principali della sua vita); arrivato a Gaza, seppe della morte dei genitori: dopo aver distribuito la propria eredità tra i fratelli e i poveri, si ritirò in un luogo chiamato Maiuma, situato tra il mare e una palude, dove intraprese una vita estremamente dura, secondo ciò che aveva imparato da S. Antonio in Egitto. Si dice che non si cambiasse la tunica finché non era logora e che non lavasse mai il proprio cilicio perché a suo parere «è inutile cercare pulizia in un cilicio». Si dice anche che abbia vissuto per molti anni nutrendosi solo di quindici fichi al giorno, non mangiando mai fino al tramonto; in seguito si convinse ad aggiungere alla dieta verdure, pane e olio, per riuscire a sopravvivere. Da principio visse in una capanna di giunchi, ma in seguito si edificò una cella più solida che misurava all’incirca un metro e venti per un metro e mezzo, e che era ancora visibile ai tempi di Girolamo. Pare che, mentre si trovava a Maiuma, Ilarione abbia compiuto molti miracoli, soprattutto guarigioni e liberazioni di indemoniati.Ilarione nacque da genitori pagani in un villaggio chiamato Thabata, a sud di Gaza in Palestina. Inviato a studiare ad Alessandria, a circa quindici anni si fece cristiano. Per un breve periodo rimase con S. Antonio (17 gen.) nel deserto egiziano, imitandone l’estremo ascetismo. Arrivò a compiere straordinari miracoli.
Durante l’isolamento nel deserto, egli fu tentatissimo, soffrendo profonda aridità spirituale e pericoli di disperazione, ma, nonostante tali prove, riuscì a perseverare nella preghiera. S. Girolamo riferisce che il santo, pur avendo vissuto molti anni in Palestina, una volta sola visitò i Luoghi Santi a Gerusalemme, e quella volta per un solo giorno.
Vi si recò per non dare l’impressione di disprezzare ciò che la Chiesa onorava, ma, secondo S. Girolamo, non vi tornò più per non dare l’impressione di credere che l’adorazione di Dio fosse limitata a luoghi specifici (e
possiamo forse pensare che avrebbe aborrito i luoghi di pellegrinaggio,
con le loro folle di gente, sentendoli come fonti di distrazione dalla
solitudine per lui così necessaria per la preghiera).
Dopo parecchi anni vissuti a Maiuma, la sua fama si diffuse talmente che la gente accorreva in massa per vederlo e per ottenere la sua assistenza; un gruppo di discepoli si unì a lui contro la sua volontà, ed egli se ne rattristò, dicendo:«Ho fatto ritorno nel mondo e ricevuto la mia ricompensa in questa vita. Tutta la Palestina mi stima, e io col pretesto delle necessità dei fratelli possiedo una fattoria e delle proprietà».
Decise pertanto di lasciare il suo paese natio, dando inizio a una serie di viaggi senza fine che intraprese per tutto il resto della vita, sempre alla ricerca di un luogo dove poter vivere in completa solitudine. Tornò per un certo periodo in Egitto, quindi si recò in Sicilia e da lì in Dalmazia: sperava di riuscire a rimanere sconosciuto andando in luoghi di cui non conosceva la lingua, ma i suoi poteri miracolosi non gli permettevano di vivere in pace. Si stabilì alla fine a Cipro, dove godette di una certa tranquillità, pur venendo disturbato da alcuni visitatori, tra cui anche S. Epifanio (12 mag.), vescovo di Cipro, che scrisse a S. Girolamo a proposito del santo eremita. Quando morì, Ilarione aveva quasi ottant’anni: la popolazione del luogo avrebbe desiderato edificare un sacrario per i suoi resti, ma il suo discepolo S. Esichio (3 ott.) rimosse segretamente il corpo e lo riportò a Maiuma.
La celebrità di Ilarione è dovuta alla Vita scritta da S. Girolamo (30 set.) tra il 382 e il 396, a circa vent’anni dalla morte dell’eremita. Alcuni storici sono stati così critici nei riguardi di quest’opera da ipotizzare che Girolamo abbia inventato l’intera storia. Oggi invece il racconto è ritenuto attendibile, se non altro perché Girolamo, quando scriveva, era troppo vicino nel tempo e nello spazio al suo soggetto per riuscire a divulgare una completa contraffazione. L’intenzione di Girolamo era di dimostrare che Ilarione era stato un secondo S. Antonio e il fondatore del monachesimo in Palestina: può quindi aver in una qualche misura arricchito l’argomento, ma il racconto è nella sostanza fondato. Questa Vita si diffuse in molte versioni in tutta la Chiesa d’Oriente, fu tradotta in greco, in armeno e in copto, dato che di per sé testimonia la popolarità del culto. In Occidente S. Beda elencò Ilarione nei suo martirologio: secondo una leggenda il corpo del santo sarebbe stato traslato in Francia, dove, in particolare a Duravel, esistono testimonianze di un culto antico. E il patrono di molti villaggi di Cipro e appare in numerose icone e mosaici.
Fonte: Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler
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