vescovo (ca. 350-407) 13 settembre
Nacque nel 350 circa ad Antiochia, dove il padre Secondo, che apparteneva all’aristocrazia, era probabilmente un ufficiale dell’esercito, e poiché alla sua morte il figlio era ancora molto giovane, quest’ultimo fu allevato quasi interamente dalla madre, Anthusa, il cui coraggio ed entusiasmo gli diedero un duraturo rispetto per le donne.Detto “Bocca d’oro” per le sue capacità di oratore, era un idealista, sempre alla ricerca della perfezione di se stesso e del mondo in cui viveva. Costantemente abbandonato, faticava ad ottenere risultati soddisfacenti nei suoi conflitti con le autorità temporali. La sua grande attrattiva era quella di non essere mai cinico o deluso, e di trovare sempre un modo di attenersi al proprio pensiero.
VIDEO-STORIA
http://www.youtube.com/watch?v=ZytvbvZ81foFu un periodo stimolante per gli studi, e non solo eccelse molto bene nell’arte oratoria e in diritto, ma aveva anche una buona cognizione della dottrina e una conoscenza eccezionale della Bibbia. Battezzato all’età di diciotto anni, sarebbe voluto entrare immediatamente in monastero, tuttavia in quel momento la madre aveva bisogno di lui , e fu solo nel 373 circa che si unì a un gruppo di eremiti che seguivano la Regola di Pacomio sulle montagne fuori di Antiochia, dove visse per sette anni circa, durante i quali le privazioni e l’umidità della grotta danneggiarono gravemente la sua salute.
Nel 381, esausto, malato e deluso di questa esperienza, ritornò ad Antiochia. La sua depressione non durò a lungo, a ogni modo: aveva imparato che c’è un limite al valore dell’ascetismo individuale e che per la maggior parte la via della salvezza avveniva con e attraverso gli altri.
Nell’Antiochia del IV secolo si sentiva ancora il clamore delle dispute, mentre la Chiesa insisteva sulla sua concezione della fede, e per questa e molte altre ragioni, non era affatto un luogo tranquillo, ma invece di cercare un ambiente pseudo-monastico al posto di quello che aveva lasciato, Giovanni si gettò nell’azione. Riconoscendone le doti, il vescovo lo nominò suo assistente speciale, in particolare per assistere a livello spirituale e pratico i poveri della città, incarico che lo tenne occupato, anche se trovava sempre il tempo per predicare con estremo talento. Indubbiamente fu uno dei massimi predicatori della Chiesa antica, per non dire di tutti i tempi, e circa un centinaio di anni dopo la sua morte ricevette il titolo Chrysostormis (“Bocca d’oro”).
Mise in pratica questo dono in un’occasione molto famosa, nel 387, quando contribuì a riportare la pace e la comprensione nell’episodio “delle statue”: durante una rivolta contro la tassazione dell’imperatore, erano state distrutte alcune statue che raffiguravano Teodosio stesso (379-395), il padre, i figli e la defunta moglie, e si attendevano gravi ripercussioni, ma alla fine fu concessa un’amnistia, grazie agli sforzi di Flaviano, l’anziano vescovo d’Antiochia, e alle ventuno omelie pronunciate da Giovanni, con l’intento di pacificare gli animi. Questi sermoni sono particolarmente interessanti, come registrazione degli eventi e come testimonianza dell’atmosfera carica di paura dell’epoca.
La sua esposizione dell’insegnamento ortodosso della Chiesa era chiara, quasi tersa, come per esempio contro gli anomei, una delle molte sette del tempo, che sostenevano una posizione simile a quella degli ariani:
Che il Figlio sia Dio e, pur rimanendo il Figlio, è Dio allo stesso livello del Padre diventa chiaro proprio dall’aggiunta della parola “Padre”. Se questo nome di Dio appartenesse solo al Padre e non potesse designare per noi un’altra realtà individuale, ma solo quella prima ed eterna realtà individuale, considerando che il nome “Dio” può appartenere e definire solo quella realtà, l’aggiunta del nome “Padre” non avrebbe scopo {Dell’incomprensibile natura di Dio, 5, 10).
Si fece conoscere come commentatore del Vangelo di Matteo e Giovanni, e delle Lettere di S. Paolo, e per quanto riguarda la tradizione d’Antiochia, favorì l’interpretazione letterale della Scrittura e la sua applicazione pratica ai problemi contemporanei, inoltre era sempre disposto a ricordare ai singoli cristiani il sostegno che potevano ricevere dalla Chiesa nel cammino della fede:
Se la preghiera di un individuo è così potente, molto maggiore è recitata insieme a molta altra gente. La forza vigorosa di tale preghiera e la speranza che Dio la udirà è molto maggiore di quella che si può ottenere dalla preghiera privata a casa (ibid., 3, 36).
Alla morte dell’arcivescovo di Costantinopoli nel 397, Arcadio (395-408), figlio e successore di Teodosio, decise che Giovanni avrebbe preso il suo posto. Temendo l’opposizione del popolo ad Antiochia, mandò un inviato per far uscire segretamente il vescovo dalla città. Dopo un viaggio terribile di circa milletrecento chilometri, Giovanni fu consacrato il 26 febbraio 398 da Teofilo, arcivescovo d’Alessandria, zio di S. Cirillo di Alessandria (27 giù.), che aveva sperato di essere nominato alla sede di Costantinopoli.
I problemi che Giovanni dovette affrontare furono notevoli e dato il suo carattere, una particolare mescolanza di integrità e schietta onestà, non fu facile. Per rimediare alle conseguenze di anni di devastazione e corruzione, varò un energico programma di riforma che riguardò tutti i gruppi. Incominciando dai propri beni, ridusse radicalmente le spese della diocesi, e con il denaro risparmiato contribuì a erigere ospedali per i malati poveri e gli stranieri nella capitale, non solo forniti di personale medico, ma anche di cuochi e cappellani. Ottenendo l’appoggio di alcune diaconesse della città, in particolare S. Olimpia (17 dic.), con cui aveva un’amicizia basata sulla condivisione degli ideali spirituali, finanziò un servizio per le vedove e le loro famiglie. Le norme disciplinari che stabilì per il clero furono così severe da ricevere, e meritare, delle critiche (come nel caso dei suoi attacchi contro i giudei). Per quanto riguarda la corte, intervenne per denunciare estesamente, tra molti altri aspetti, le vesti e il trucco usato dalle donne, i cristiani che andavano a vedere le corse il Venerdì Santo e i giochi che si svolgevano allo stadio il Sabato Santo.
La moglie di Arcadio, Eudossia, che considerò queste critiche e l’intero programma di riforma come un affronto personale, decise di prendere una posizione: fu eretta una statua d’argento che la raffigurava fuori della cattedrale di Santa Sofia, e la cerimonia in suo onore fu seguita da giochi pubblici, un’opportunità di comportarsi in modo dissoluto. La questione giunse a una crisi decisiva nel 402, quando Giovanni offrì un rifugio ad alcuni monaci che erano stati scomunicati come seguaci di Origene da Teofilo di Alessandria. Si appellò in loro favore all’imperatore, che convocò un sinodo, cui Teofilo fu invitato a partecipare e a presiedere.
Teofilo, tuttavia, che aveva accettato di capeggiare un gruppo di vescovi favorevoli all’imperatrice, rovesciò la situazione. Invece di decidere in merito alla posizione dei monaci, fu il sinodo, poi noto come Sinodo della Quercia, dal nome del sobborgo di Costantinopoli in cui si svolse, che giudicò lui. I vescovi riuniti condannarono Giovanni, che rifiutò di difendersi, in base a una serie di accuse infondate. In particolare affermarono che era un traditore per aver chiamato Eudossia “Gezabele” e aver chiesto che fosse esiliata.
La preghiera del cuore -San Giovanni Crisostomo
http://www.youtube.com/watch?v=u-2oD0VOfY4Giovanni fu mandato in esilio, secondo la condanna, ma quando Costantinopoli fu colpita da un terremoto subito dopo, Eudossia terrorizzata lo richiamò. Giovanni non fece nessun tentativo di riconciliarsi o modificare il suo pensiero, ed Eudossia s’infuriò nuovamente. In considerazione di questo, Teofilo si appellò a un concilio ariano ad Antiochia e Giovanni fu bandito dal tornare a svolgere il suo incarico in una sede da cui era stato «legalmente destituito».
Nonostante i tentativi del suo popolo, nel 404 fu esiliato prima a Cucusus in Armenia, e poi nella fortezza d’Arabissons, da dove scrisse molte lettere, indirizzate in particolare ai vescovi occidentali, avvertendoli della sua condizione. Papa S. Innocenzo I (401-417; 28 Ing.) gli inviò alcune lettere in cui lo sostenne e l’incoraggiò, e rifiutò di riconoscere colui che era stato nominato al suo posto, ma nel complesso è chiaro che Giovanni si sentì abbandonato da tutti, e quando non ottenne l’aiuto desiderato si rivolse a varie signore patrizie di Roma. I suoi detrattori non desideravano affatto questo genere di pubblicità, perciò decisero di trasferirlo a Ponto, dove morì il 14 settembre 407, per l’immediata conseguenza di averlo costretto a compiere il viaggio a piedi, con il maltempo, nonostante le costanti suppliche causate dallo sfinimento.
Nel 414, fu riabilitato per ordine del papa, che era ancora Innocenzo I . La festa era celebrata sin dal 438, e nel 448 il corpo fu riportato a Costantinopoli, dove fu di nuovo seppellito nella chiesa degli apostoli. Fu dichiarato Padre della Chiesa al concilio di Calcedonia nel 451, e nel 1568 papa S. Pio V (1566-1572; 30 apr) lo proclamò dottore della Chiesa. Sono state tramandate molte sue opere, incluse alcune lettere e diverse omelie, che mostrano come fosse più un pastore che un teologo o un moralista. Partendo dal punto di vista dei suoi ascoltatori, aveva una visione della vita basata sui Vangeli e che tendeva alla perfezione, fondamento che emerge in una lettera scritta verso la fine, quando si trovava già in prigione, indirizzata alla sua amica Olimpia.
“Per favore, ascolta ciò che ho da dire. Ti renderò meno triste e ti aiuterò a scacciare le nubi che oscurano la tua mente. Perché sei così preoccupata, triste e nervosa? Poiché la tempesta che ha colpito le Chiese è forte e minacciosa, e perché ha avvolto ogni cosa di una oscurità impenetrabile? Poiché sta raggiungendo il punto critico? Perché causa naufragi paurosi ogni giorno, mentre il mondo intero crolla intorno a noi? Vediamo l’oceano che forma dei gorghi dalle sue massime profondità e i corpi dei marinai che vi galleggiano. Vediamo altri sopraffatti dalla forza delle onde [...] È tutto così senza speranza che possono solo gridare, lamentarsi, gridare e piangere [...] Ovunque emergono i mostri delle profondità a minacciare i viandanti. Tuttavia nessuna semplice parola può esprimere l’indicibile, nessun termine può adeguatamente esprimere il terrore di questi tempi. Pur consapevole di tutta questa miseria, non smetto mai di sperare. Ricordo sempre il nocchiere universale, che non si affida ai timonieri per affrontare la tempesta e l’attraversa con le sue forze, non calma semplicemente gli oceani rombanti con un cenno, e se lo fa, è cosi che si comporta il nocchiero. Non pone fine ai pericoli strada facendo, ma li allontana solo quando giungono al punto più spaventoso, e quasi tutti hanno perso la speranza. Solo allora mostra meraviglie e miracoli, solo allora rivela il potere che solo lui possiede, e insegna ai sofferenti la sopportazione.”
Per il resto, le sue opere esegetiche e il trattato sul sacerdozio: De sacerdotio, sono le più note, ma certamente non fu lui il responsabile dell’adozione della cosiddetta Liturgia di S. Crisostomo, dopo la sua morte. S. Giovanni Crisostomo è invocato in Occidente come uno dei Quattro dottori della Chiesa greci – insieme a S. Atanasio (2 mag.), S. Basilio (2 gen.) e S. Gregorio Nazianzeno (2 gen.) – e in Oriente, di nuovo con S. Basilio e S. Gregorio Nazianzeno, come uno dei Tre Santi gerarchi.
È’ INVOCATO: - come protettore di esiliati e predicatori
Fonte: Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler
Nessun commento:
Posta un commento