fondatore (1581-1660) 27 settembre
Vincenzo nacque a Pony (l’attuale Saint-Vincent-de Paul), nella regione Landes della Francia sud-occidentale vicino a Dax, nel 1581, terzo di sei figli di contadini della Guascogna (la particella de non ha nessuna relazione con la nobiltà, e, in effetti, il nome non è De Paul, ma Depaul, come Vincenzo si firmava sempre). Da ragazzo trascorse molto tempo a lavorare nei campi, ma nel 1595 si recò in seminario in vista del sacerdozio, nel collegio francescano di Dax. Dati i risultati, non trascorse molto tempo al collegio, tuttavia un giudice di Pouy chiamato De Comet notò lo straordinario progresso negli studi e lo assunse come tutore residente per i suoi figli. Vincenzo tuttavia continuò il seminario in qualche modo, e il 20 dicembre 1596 ricevette la tonsura e gli ordini minori, poi si recò all’università di Tolosa per studiare teologia e fu ordinato sacerdote all’insolita età di neanche vent’anni, il 23 settembre 1600. In seguito continuò a studiare teologia a Tolosa, ottenendo la laurea nel 1604.Comincia con una prima congregazione di devoti che si alternavano nell’assistenza dei poveri della parrocchia fino a formare due associazioni ancora operanti che sono i vincenziani e le Dame della Carità. I princìpi fondamentali della sua spiritualità: vedere Cristo nei poveri, diventare santo praticando personalmente la carità, recandosi di persona nelle baracche dei bisognosi.
VIDEO-STORIA
Gli eventi successivi sono messi in discussione per quanto riguarda l’esattezza: all’inizio della carriera fu cappellano di corte, mantenendosi con le rendite di un’abbazia di cui fu falsamente accusato di furto,
e di conseguenza iniziò per lui una sorta di conversione religiosa.
Cronologicamente non ci sarebbero problemi, tuttavia sono state
tramandate due lettere in cui Vincenzo descrive il viaggio da Marsiglia a Narbona del luglio 1605, quando la nave fu attaccata dai pirati che catturarono i passeggeri. Dopo aver trascorso due anni come schiavo in Tunisia, Vincenzo scappò con il suo terzo e ultimo padrone, che aveva convertito al cristianesimo.
Insieme riuscirono ad attraversare il Mediterraneo su una barca a remi,
giungendo a Aigues-Mortes in Provenza il 28 aprile 1607, e da lì raggiunsero Roma.
Non vi è dubbio che questo racconto ponga dei problemi, e molti
critici lo considerano frutto di leggenda, ma se lo fosse, non
esisterebbe nessuna spiegazione veramente convincente del motivo per cui
fu in ventata, presumibilmente da Vincenzo (le lettere sono
universalmente considerate autentiche). Sembra certo che Vincenzo abbia
trascorso un anno a Roma, forse per studiare, prima di ritornare, un po’
deluso, in Francia. Al suo ritorno a Parigi, si unì ai sacerdoti che si erano raccolti intorno al suo amico e mentore Pierre de Bérulle (successivamente cardinale), una delle figure principali del rinascimento religioso francese del XVII secolo, che nel 1611 istituì la Congregazione dell’Oratorio in Francia.Seguendo il consiglio di Bérulle, nel maggio 1612, Vincenzo diventò parroco di Clichy alla periferia settentrionale di Parigi, e l’anno successivo, di nuovo spinto da Bérulle, fuassunto dalla potente famiglia Gondi come tutore del figlio maggiore, Pierre, il cui fratello Paul diventò in seguito cardinale de Retz, noto per la sua ambizione. A questo punto diventa difficile continuare con un racconto rigorosamente cronologico della vita di Vincenzo. Le numerose opere di carità per cui è attualmente ricordato non furono il risultato di lunghe considerazioni e di progettazioni accurate. Con immensa energia e la massima dedizione verso coloro che aiutava, soddisfaceva i bisognosi secondo le occasioni, e, cosa ancor più importante, con il suo esempio spinse altri a fare lo stesso.
Sembra che i rapporti con Bérulle si siano raffreddati nel 1618 circa, ma non è chiara la ragione, forse i due uomini non erano d’accordo sull’indirizzo della vita che Vincenzo si sentiva chiamato a condurre; in ogni caso quest’ultimo scelse un’altra guida spirituale. Fu all’incirca in questo periodo che incontrò S. Francesco di Sales (24 gen.), le cui opere, specialmente L’introduction à la vie devote e il Tratte de l’amour de Dieu,ebbero una forte influenza su di lui.
Vincenzo rimase nominalmente con la famiglia Gondi per dodici anni, combinando i suoi doveri di tutore con quelli di cappellano per i molti contadini che lavoravano nella loro proprietà, ma, durante un periodo di sei mesi trascorso come parroco a Chàtillon-les-Dombres, nel 1617, istituì la prima delle diverse fondazioni a lui associate. Si trovava a Chàtillon da meno di un mese quando fu informato che tutti i membri di una famiglia del luogo che non aveva nessun sostegno, si erano ammalati, e l’appello ai parrocchiani diede un risultato immediato (e molto più copioso del necessario).
Vincenzo si accorse che in alcuni giorni le offerte sarebbero diminuite, e la famiglia si sarebbe trovata nelle condizioni iniziali, perciò decise di istituire una congregazione di devoti che si alternassero nell’assistenza dei poveri della parrocchia. La prima Charité, totalmente femminile, conosciuta come Serve dei Poveri, nacque il 20 agosto 1617. Tre mesi dopo, Vincenzo stilò una regola, approvata dall’arcivescovo di Lione, in cui riassumeva i princìpi fondamentali della propria spiritualità: vedere Cristo nei poveri, diventare santo praticando personalmente la carità, recandosi di persona nelle baracche dei bisognosi. Al suo ritorno a Parigi, cominciò a fondare case di Charité nei diversi villaggi sui possedimenti dei Gondi.
Vincenzo aveva sperato di vedere Charitémaschili
e femminili lavorare insieme, ma alla fine dovette accontentarsi delle
seconde, almeno mentre era in vita. Il ramo maschile fu riaperto nel
1833 da Emanuel Bailly, insieme allo scrittore e storico Antonio
Federico Ozanam (beatificato nel 1997; 8 set.), che fu uno dei suoi
fondatori. Federico fu il primo a partecipare alla fondazione
dell’attuale Congregazione di S. Vincenzo de’ Paoli, istituita
successivamente quello stesso anno. il progetto di una Charité per gli uomini non fu di conseguenza abbandonato da Vincenzo: nel 1625 fondò una congregazione di sacerdoti, variamente conosciuta come Congregazione dei Preti della Missione,vincenziani e lazzaristi,
di cui aveva visto la necessità alcuni anni prima, in seguito a una sua
omelia pronunciata a Folleville, che ebbe un impatto così forte sul
popolo, che non vi furono abbastanza confessori per ascoltare la gran
folla di penitenti.
Madame Gondi offrì un sostegno finanziario a quelle congregazioni
che avessero predicato costantemente ai contadini che vivevano sulle sue
proprietà. All’inizio Vincenzo fu riluttante ad accettare, ma nel
1618, insieme con un piccolo gruppo di sacerdoti che avevano le sue
stesse opinioni, si recava già da un paese all’altro, per svolgere
regolarmente questa missione. L’iniziativa fu così proficua che in
sette anni i Gondi misero a disposizione un capitale sufficiente a
istituire permanentemente una sede per quell’attività. L’arcivescovo
di Parigi offrì un edificio vuoto in Rue S. Victor, e il 17 aprile 1625
Vincenzo firmò un contratto con i Gondi, che ordinava ai sacerdoti di vivere comunitariamente, di privarsi di diritti e doveri ecclesiastici, e di predicare solo nei paesi, oltre a occuparsi del benessere spirituale dei detenuti, e d’estate, quando i contadini lavoravano nei campi, a insegnare catechismo nelle chiese parrocchiali.Una delle primissime congregazioni i cui membri non pronunciarono i voti, la Congregazione dei Preti della Missione, fu approvata dall’arcivescovo di Parigi il 26 aprile 1626, e quando fu approvata da papa Urbano VIII (1623-1644) il 12 gennaio 1632, la congregazione si era già sistemata più comodamente nel priorato di Saint-Lazare, che diventò uno dei grandi centri del rinnovamento spirituale in Francia. Accorgendosi dell’importanza della preparazione dei sacerdoti, Vincenzo accettò la proposta dell’arcivescovo di Parigi di istruire i seminaristi diocesani a Saint-Lazare, e più la congregazione si sviluppava, più il lavoro si diversificava. Vincenzo accettò le richieste che provenivano dall’estero, e cominciò ad assistere schiavi e detenuti, oltre a lavoratori comuni. Per quanto riguarda questi ultimi, Vincenzo persuase Filippe-Emmanuel de Gondi, che era general des galères, a costruire un ricovero a Marsiglia per chi lavorava nelle galere.
Le Charité, nel frattempo, avevano cominciato a moltiplicarsi, quando le parrocchie accettarono l’idea, e quando giunsero a Parigi, nel 1629, e in altre città, i membri aumentarono: le Serve dei Poveri divennero Barnes de Charité, o Dame della Carità. La più importante di queste associazioni urbane fu quella dell’Hotel-Dieu a Parigi, per la quale Vincenzo rinunciò al diritto parrocchiale. Fondata nel 1634 fu l’associazione che gli offrì il sostegno più valido nei suoi numerosi progetti di carità, inoltre i membri dell’associazione appartenevano a ogni ceto sociale, e tra di loro vi erano molte donne della nobiltà parigina.
Per varie ragioni, non tutte le donne parigine della borghesia che entrarono nelleBarnes de Charité furono in grado di svolgere personalmente l’attività a cui si dedicava l’associazione, perciò, necessariamente, Vincenzo fondò un altro gruppo ancora, leVilles de Charité, Figlie della Carità, inizialmente composto da giovani donne che provenivano dalla campagna, la cui esperienza di vita era simile a quella dei poveri e dei malati a cui desiderarono dedicarsi. All’inizio, Vincenzo le assegnò semplicemente alle varie Charité urbane, poi nel 1633 decise che era necessario che ricevessero una certa istruzione, perciò invitò un’aristocratica vedova, Luisa da Marillac (15 mar.), a collaborare: nel novembre 1633, accolse nella sua casa quattro giovani donne, che nel luglio seguente erano diventate dodici, e a questo punto, Vincenzo e Luisa cominciarono a pensare di fondare un nuovo ordine.
Vincenzo
fu inflessibile sul fatto che le giovani non dovessero essere monache
per tutte le conseguenze che questo comportava, vale a dire la
professione dei voti, la clausura, e così via; decisione coraggiosa in
un’epoca in cui tutte le religiose erano claustrali, tuttavia avendo
visto i risultati dell’imposizione della clausura alle Suore della
Visitazione di Francesco da Sales, non aveva dubbi: «Quando abbandonate la preghiera per curare un ammalato, lasciate Dio per Dio: curare un malato è pregare». Inoltre ricordava alle sorelle: «Il
vostro monastero è la casa degli infermi e quella della vostra
superiora, la vostra cella è una stanza in affitto, la vostra cappella
la chiesa parrocchiale, il vostro chiostro le strade della città, la
clausura è l’obbedienza [...]. Il timore di Dio è la vostra grata, e la modestia il vostro velo».
Le Figlie della Carità, tuttora pronunciano i voti privatamente, che rinnovano ogni anno. La giovane congregazione fiorì, e nella sua espansione s’interessò a nuove attività (negli ospedali, negli orfanotrofi, in prigione, presso gli anziani e i feriti di guerra);
nel 1646 fu approvata dall’arcivescovo di Parigi, poi dalla Santa Sede
nel 1668, otto anni dopo la morte di Vincenzo. Il contributo personale
di Vincenzo al rinnovamento del clero nella Francia del XVII secolo fu
enorme. I giovani ordinandi furono tanto ispirati dagli esercizi
spirituali che impartiva, prima nella diocesi di Beauvais e
successivamente a Parigi, da chiedere che si svolgessero ulteriori
incontri settimanali, dopo l’ordinazione. Vincenzo tenne la prima
conferenza nel 1633, che fu ripetuta ogni martedì fino alla sua morte.
In quel periodo si dedicò alla crescita spirituale di più di duecentocinquanta giovani sacerdoti, incluso Jean-Jacques Olier, fondatore del seminario di Saint-Sulplice. In particolare, tentò d’incoraggiare una predicazione dallo stile più semplice e pratico, e svolse degli incarichi anche al seminario dei Preti della Missione.In un contesto più ampio, per richiesta di Anna d’Austria, che governò dal 1643 al 1661, facendo le veci del figlio minorenne. Luigi XIV (1643-1715), divenne membro del cosiddetto Concilio di Coscienza, istituito nel 1643, e presieduto dal primo ministro di Anna, il cardinale Giulio Mazzarino. Questa commissione, composta di cinque membri, s’interessò di questioni come la nomina di vescovi validi e adatti, e il conferimento e il trasferimento di certi benefici. Vincenzo si scontrò apertamente con Mazzarino, che spesso prendeva decisioni con fini esclusivamente politici, e che ricambiò il favore ritardando la convocazione dei concili, e continuando a promuovere isuoi protégés. Vincenzo peggiorò le cose nel 1649, quando suggerì alla regina che, per il bene del paese, si allontanasse da Mazzarino e di conseguenza fu escluso dal concilio.
Nello stesso periodo, Vincenzo s’oppose attivamente all’insegnamento dei giansenisti, che basavano le loro opinioni su una lettura limitata di S. Agostino (28 ago.) sull’argomento della grazia, seguendo il vescovo di Ypres, Cornelio Giansenio, che insegnava che tutti gli esseri umani sono predestinati al paradiso o all’inferno e che solo pochi eletti sarebbero stati salvati. Introdotto in Francia dall’abate di Saint-Cyran, Jean Duvergier de Hauranne, e del suo protégé,Antonin Arnauld, questa dottrina; dalla fredda e austera pietà e moralità, trovò il suo centro spirituale nel convento di Port-Royal-des-Champs, fuori Parigi. La questione divise il paese in due parti, e non sorprende che Vincenzo fosse coinvolto nella disputa.
Aveva incontrato l’abate di Saint-Cyran trent’armi prima nella casa di Bérulle, dove erano diventati buoni amici, ma Vincenzo non poteva permettere che l’amicizia lo accecasse al punto di accettare l’insegnamento di Giansenio, pericolosamente d’elite. Distingueva sempre tra l’uomo e le sue idee, ma dopo aver fallito il tentativo di convincere l’abate con la discussione e la persuasione amichevole, passò all’offensiva. Vincenzo fu uno degli ispiratori della famosa petizione che i vescovi francesi mandarono a papa Innocenzo X (1644-1655) chiedendogli di condannare cinque proposte particolari tratte dall’Augustinus di Giansenio, che il papa accettò il 13 maggio 1653, condanna confermata tre anni dopo da Alessandro VII (1655-1667). La questione proseguì nel secolo successivo, tuttavia nei pochi anni che seguirono, Vincenzo s’occupò in particolare, spinto dallo spirito di carità, a conquistare l’approvazione della decisione del papa.
Nella dottrina di Vincenzo è possibile riconoscere un certo numero d’influssi, tra cui i più forti furono: quello umanistico di S. Francesco da Sales, suo grande amico,la spiritualità di tipo contemplativo di Betulle, e l’ascetismo di S. Ignazio (31
Ing.), che assieme emergono dallo spettro della sua personalità ed
esperienza, come qualcosa di nuovo, semplice, pratico, e diretto alla
salvezza delle anime.
Nel 1656 Vincenzo ebbe un attacco di febbre, di cui non riuscì a liberarsi; il dolore aumentò, poi gli comparvero ulcere sulle gambe, perciò non riusciva più a camminare. Le ulcere peggiorarono verso la fine del 1659, e il 27 settembre 1660 morì.
Il vescovo che pronunciò l’omelia al suo funerale, affermò che sebbene
Vincenzo provenisse dalla campagna non era per niente un «semplice rustico» e che nella vita «aveva cambiato il volto della Chiesa». Il culto nacque quasi subito, e Vincenzo fu beatificato nel 1729, canonizzato nel 1737, e il 12 maggio 1885 papa Leone XIII lo nominò patrono universale di tutte le opere di carità.
Al momento della sua morte, aveva stabilito un modello di carità
pratica a livello parrocchiale che è ancora seguito trecento anni dopo.
La sua eredità continua in due ordini in tutto il mondo, i vincenziani e
le Figlie della Carità di S. Vincenzo de’ Paoli e, a livello
parrocchiale, nella confraternita laica conosciuta come Compagnia di S.
Vincenzo de’ Paoli.E’ INVOCATO: – come protettore di carcerati, orfani e trovatelli, e di tutte le attività caritatevoli.
Fonte: Il primo grande dizionario dei santi di Alban Butler
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