Santa Francesca Saverio Cabrini
fondatrice ( 1 8 5 0 – 1 9 1 7) 22 dicembre
Francesca Cabrini era una donna minuta e fragile, ma con uno spirito indomito; decima figlia di un prospero agricoltore italiano, nacque a Sant’Angelo Lodigiano, non lontano da Pavia nel 1850. La madre partorì undici figli, di cui sette morirono giovani e uno aveva disturbi cerebrali, perciò Francesca crebbe imparando a conoscere la sofferenza. Studiò presso le Figlie del Sacro Cuore e diventò maestra elementare. All’età di ventidue anni divenne preside a Vidardo, vicino a Sant’Angelo, e ottenne il permesso del sindaco di insegnare dottrina cristiana, proibita dagli ispettori civili delle scuole.
VIDEO-STORIA
Francesca intendeva lavorare più strettamente con la Chiesa e chiese di entrare prima nelle Figlie del Sacro Cuore ad Arluno, e poi nelle suore canossiane di Crema. Nessuna delle due congregazioni potè accoglierla; era molto cagionevole di salute, ma il suo parroco, p. Antonio Serrati, la raccomandò al posto di direttrice di un orfanotrofio, la i Casa della Provvidenza di Codogno, dove Francesca raccolse e istruì un piccolo gruppo di operai e gestì un orfanotrofio e un laboratorio per ragazze, ma il progetto non fu organizzato bene in partenza, e naufragò per ragioni indipendenti dalla sua volontà. Cercò di ottenere il permesso di fondare una congregazione dedita alle missioni all’estero, forse per lavorare in Cina e in altre zone dell’Estremo Oriente.
Questa proposta suscitò opposizione, dato
che i missionari cattolici da sempre erano uomini, ma alla fine le fu
permesso di fondare le Missionarie del Sacro Cuore, insieme ad
altre sette suore. L’idea di Francesca era di osservare una disciplina
mista, alternando il servizio offerto ai bisognosi con tempi regolari di
preghiera, di meditazione e di silenzio, ogni giorno.
Le note dominanti erano l’umiltà e la
semplicità; non erano previste penitenze speciali: Francesca pensava
infatti che il lavoro delle suore fosse sufficientemente duro, se
veramente si fossero dedicate il più possibile a Dio e ai bisognosi. Lei
stessa era pronta a svolgere i compiti più umili. Nel 1880, la regola
fu approvata, e quando la reputazione di Francesca crebbe, grazie alla
tenacia nel lavoro e alla sua spiritualità profonda, fu in grado di fondare altri conventi a Milano e in altre zone dell’Italia settentrionale.
Nell’autunno del 1887 fece visita al papa, per chiedere
l’approvazione ufficiale della sua congregazione e di un convento a
Roma, oltre che per sondare la possibilità di dare inizio alle missioni
estere. Fu ben accolta: il cardinal Parocchi, vicario generale, dopo
averle posto alcune domande, le concesse il permesso di istituire un convento a Roma, e perciò Francesca con «cinque consorelle, nella povertà più estrema, ma con la gioia nel cuore» cominciò la sua attività.Quattro mesi dopo, la congregazione ricevette l’approvazione pontificia, segno della fiducia riposta in un istituto composto da donne che offriva il suo aiuto in maggioranza ad altre donne. I conventi in Italia formarono il centro d’istruzione per le missioni. La sua vocazione tuttavia non riguardò la Cina, ma un paese in direzione opposta. L’Italia stava attraversando una profonda crisi economica negli anni 1870-1880, e le famiglie disperate, quasi ridotte alla fame e senza lavoro, emigravano negli Stati Uniti. In seguito a varie ondate d’immigrazione, crebbero in varie città americane diverse Little Italy, in particolare a New York e Boston.
Affollati negli alloggi, sfruttati dai padroni delle fabbriche, gli immigrati vivevano in povertà e squallore, e spesso non conoscevano la lingua e le usanze di questa terra straniera; molti di loro, in particolare quelli che provenivano dalle zone rurali dell’Italia meridionale, ignoravano anche la loro religione. A questo punto gli Stati Uniti diventarono oggetto di missioni.
Durante il suo soggiorno a Roma, madre Cabrini incontrò il vescovo di Piacenza, Giovanni Battista Scalabrini (beatificato nel 1999), una delle massime autorità di quel paese, che era stato profondamente impressionato nel vedere le folle di emigranti che aspettavano di partire con i treni dalla stazione di Milano: aveva compreso il loro desiderio di trovare una vita migliore ed era conscio della lotta amara che molti di loro dovevano intraprendere per sopravvivere. L’arcivescovo di New York, Michael Corrigan, aveva chiesto l’aiuto di «buoni sacerdoti italiani», per la sua città; il vescovo Scalabrini, perciò, ritenne giusto che, assieme ai sacerdoti, si recassero in America anche le Missionarie del Sacro Cuore.
Nel novembre del 1887, madre Cabrini chiese un’udienza a papa Leone XIII, che aveva recentemente ricevuto un resoconto dall’istituto De Propaganda Fide che conteneva le statistiche dell’esodo di massa verso gli Stati Uniti, concludendo che aveva «le caratteristiche di un commercio di schiavi bianchi». Dopo aver ascoltato madre Cabrini in silenzio, decise che le suore sarebbero andate «non in Oriente, ma in Occidente».
Madre Cabrini lasciò Le Havre il 23 marzo 1889 diretta a New York, con sei consorelle.Fu un viaggio tempestoso e faticoso, e quando sbarcarono trovarono una situazione decisamente poco promettente: non c’era nessuno ad accoglierle, neanche l’arcivescovo Corrigan, che, anche se aveva bisogno di sacerdoti, non pensava che sarebbe stato un lavoro adatto alle donne. Disse a madre Cabrini che la nave su cui aveva viaggiato era ancora in porto e le consigliò di ripartire, perché non aveva bisogno di loro, ma lei replicò: «Ho delle lettere da parte del papa» e così si fermò.
Il solo alloggio che le suore riuscirono a trovare era malsano, infestato da scarafaggi e cimici; erano costrette anche a mendicare di porta in porta. Anche se la diocesi e i principali ordini religiosi non le aiutarono, le suore trovarono l’amicizia e il supporto di altre religiose, in particolare le Suore della Carità e le Suore del Buon Soccorso, così cominciarono a lavorare in mezzo agli immigrati italiani, istruendo i bambini, visitando gli ammalati e sfamando i poveri. Presto furono così rispettate che i
piccoli negozianti di Little Italy donavano loro il cibo, quando le
vedevano passare: cavoli, aglio, zucche, qualunque cosa avessero in più.
A New York esisteva un forte sentimento anticattolico e un pregiudizio contro gli immigrati che
provenivano dall’Europa meridionale in particolare, ma questa donna
minuta, che parlava poco l’inglese, era convinta di obbedire al volere
di Dio, perciò era indomabile. Chiese donazioni per fondare il suo primo orfanotrofio, convincendo l’arcivescovo Corrigan che ne sarebbe valsa la pena (forse aiutata da una “lettera mordace” scritta dal vescovo Scalabrini).
Dal momento della fondazione
dell’orfanotrofio, madre Cabrini non si fermò un attimo, per cercare di
soddisfare le richieste di aiuto e di assistenza. Gli immigrati italiani
nel nuovo mondo iniziavano una vita fatta di povertà e miseria, ma
alcuni di loro presto furono in grado di mantenersi da soli, e
riponevano in lei una profonda fiducia. La sua missione era a favore della comunità italiana, «i nostri poveri italiani, abbandonati e disprezzati dal popolo di lingua inglese».
Dopo un certo periodo, le fu offerta una casa grande nella zona
settentrionale dello stato di New York: madre Cabrini si recò a
Cincinnati, Pittsburg, Buffalo, Saint Louis, nel Missouri, a Denver e
San Francisco, dove istituì scuole, orfanotrofi e laboratori. A Seattle,
il luogo dove sarebbe stato fondato un istituto doveva essere
sgombrato, perciò madre Cabrini prese una pala e insegnò alle consorelle
come usarla, dicendo: «Un missionario deve essere capace di svolgere ogni lavoro». Si recò a New Orleans dopo un brutto incidente in cui undici italiani furono linciati, e vi fondò un convento.
Durante un’epidemia, le fu richiesto di istituire un ospedale a New York;
all’inizio rifiutò, affermando che era un’educatrice, non
un’infermiera, ma poi fece un sogno in cui vide la Beata Vergine Maria
che soccorreva i malati. Quando chiese a Maria perché li stesse
assistendo. Maria rispose che lo faceva perché madre Cabrini non aveva
voluto farlo. (Questo episodio è ricordato in un grande affresco della
cappella dell’ex orfanotrofio di Sant’Antonio a Carney, nel New Jersey.)
Iniziò il progetto eroicamente, avendo a disposizione pochi materassi e qualche bottiglia di medicinale.Le suore furono costrette a chiedere l’elemosina il pomeriggio del primo giorno, perché «in casa non avevano un centesimo» ma, come in passato, ciò che era iniziato con la fede e l’amore ricevette poi sostegno. I medici offrirono il loro aiuto e presto l’ospedale fu ben organizzato e gestito. Madre Cabrini lo battezzò Columbus Hospital, poiché era il 1892, quattrocento anni dopo la scoperta del nuovo mondo fatta da Colombo.
Altri ospedali italiani, tutti chiamati con lo stesso nome, sorsero a Chicago e in altre grandi città americane. Ritornò per nove volte in Italia, organizzando corsi d’addestramento per le sue consorelle, necessarie in America e in continuo aumento, illustrando l’attività della congregazione alle autorità cattoliche e accertandosi di ricevere il supporto necessario. Soprattutto, ritornò alle sue radici spirituali, trascorrendo il tempo in preghiera e meditazione, ma papa Leone XIII le disse: «Affrettati per il mondo, per portare il santo nome di Gesù ovunque».
Madre Cabrini estese la sua attività all’America centrale, recandosi in missione apostolica nella giungla del Nicaragua, che attraversò in barca, ma dove contrasse una febbre gialla. Nel 1895, a quarantacinque anni, s’imbarcò su una nave carica di banane che partiva da New Orleans per raggiungere Valparaiso, poi proseguì per le Ande. Sopportò i rigori della neve, del freddo e della fame, prima di raggiungere Buenos Aires.
Fece il giro dell’Argentina, istituendo nuove scuole e orfanotrofi. La regola della congregazione finalmente ottenne l’approvazione nel 1907, quando madre Cabrini aveva cinquantasette anni. A quel tempo vi erano sue fondazioni in Francia, Spagna e Italia, in tutti gli Stati Uniti e nell’America meridionale. Mentre soggiornava a Rio de Janeiro, vi fu un’epidemia di vaiolo, e lei stessa accudì le consorelle malate. Al suo ritorno negli Stati Uniti, iniziò una nuova missione nelle prigioni: le suore avrebbero assistito i detenuti, inclusi quelli condannati a morte, e i loro parenti. Quando visitò Sing Sing, parlò agli italiani nella loro lingua, chiamandoli “miei cari amici”.
Nel 1916 fece un ritiro spirituale di sei mesi, dato che il suo compito era quasi finito. Stava incartando delle caramelle per i bambini in una scuola parrocchiale di Chicago proprio prima del Natale del 1917, quando ebbe un collasso, e il giorno dopo morì in ospedale. La missione di madre Cabrini fu sempre a favore degli immigrati italiani. Anche se fu autorizzata americana nel 1907, fu principalmente perché era necessario ai fini amministrativi, affinché le sue proprietà appartenessero a un individuo americano.
Difese le comunità italiane e fece nascere in loro l’orgoglio di appartenervi. Il suo calore, l’umiltà e la praticità erano notevoli, e in lei si univano a queste qualità una notevole capacità organizzativa e un’energia ancor più sorprendente (una tenacia nel lavoro senza riserve, in nome di Dio). Madre Cabrini ha ricevuto la canonizzazione nel 1946 da papa Pio XII ed è stata ufficialmente dichiarata “patrona degli emigranti“. È nota come la “prima cittadina santa” degli Stati Uniti.
È INVOCATA – come protettrice degli emigranti
Fonti: Il primo grande dizionario dei santi di ALban Butler
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